mercoledì, 17 Aprile 2024
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Italiani all’estero: Francesca di Porto Viro racconta il suo Belgio

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1Ha festeggiato il suo quarto “belgiversario”, come lei stessa ama chiamarlo, e per il momento non ha alcuna intenzione di lasciare Bruxelles dove lavora come libraia in un “angolo letterario poco ordinario e scatenato”. La portovirese Francesca Simoni si è trasferita in Belgio quattro anni fa, fresca di laurea in Lettere a Firenze e con una certa esperienza come libraia. “Dopo sette anni passati in Toscana sapevo che era il momento di partire, cercare altri lidi e altri libri – racconta Francesca – e così, quando ho saputo che a Piolalibri ricercavano personale non ho esitato a candidarmi e sono volata a Bruxelles per un colloquio”. Una libreria speciale quella in cui Francesca Simoni lavora, che offre anche degustazioni enogastronomiche, concerti, corsi di scrittura e diverse altre attività, anche rivolte ai bambini.

“Bruxelles è una realtà molto ricca e variegata ma, proprio per questo, anche molto articolata e difficile da spiegare – racconta Francesca – e, per la sola presenza delle istituzione europee, diventa impossibile tracciare un parallelo con qualsiasi altra città di medie dimensioni in quanto a offerta lavorativa perchè Bruxelles è una realtà molto stratificata, così le “regole”, le opportunità, le strade da percorrere sono quasi antitetiche a seconda che ci si voglia integrare nel campo della cultura e/o delle arti, delle istituzioni o della ristorazione”.

“Nel mio caso, la differenza abissale rispetto all’Italia è rappresentata dal numero e dalla varietà di librerie presenti – continua Francesca – nonché dalla forte attenzione che riservano i belgi alla cultura, alla lettura, alla preservazione e longevità di questi settori”. “Ciò che più mi manca del mio paese sono le persone, la mia famiglia e gli amici di sempre – spiega Francesca – e dell’Italia in sé, invece, mi mancano le cose piccole, apparentemente insignificanti: il caffè al bar sotto casa con le immancabili chiacchiere del vicinato; una spontaneità tutta italica del relazionarsi tra persone e la sacralità del banale che siamo capaci di infondere a ‘rituali’ come il caffè o lo stare a tavola tutti insieme”. “Integrarsi a Bruxelles è un processo continuo, tanto è varia e volubile la città, specialmente se si lavora in un ambiente che ha un piede in un’altra cultura – conclude Francesca – ma fortunatamente i rapporti con le altre librerie, le partecipazioni ai festival, agli eventi, ma anche i corsi seguiti, le persone incontrate e la mia naturale propensione alla ricerca del diverso, all’esplorazione dei confini, mi hanno aiutato a trovare il giusto equilibrio, a costruire un senso di casa anche qui”.

 

 

Massimiliano Beltrame