martedì, 19 Marzo 2024
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Ajinomoto agli Altoè si affianca Alchèmia Italia

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Uno spiraglio di speranza per la vertenza Ajinomoto Bioitalia di Bottrighe dopo gli ultimi incontri svolti nella sede della provincia a palazzo Celio di Rovigo. La procedura di mobilità, per i 47 dipendenti rimasti, doveva scadere al 31 dicembre mentre invece è stata prorogata sino al 5 febbraio. E proprio in questi giorni si dovrebbe svolgere un incontro chiarificatore sui destini dello stabilimento i cui impianti sono fermi da oltre due anni. Come già annunciato in un nostro precedente servizio, esiste la possibilità che la fabbrica, definita un gioiello di tecnologia, venga acquisita dal gruppo F&M spa della famiglia friulana Altoè, lo stesso gruppo a cui fa parte l’autodromo di Adria.
A breve si dovrebbero scoprire le carte del piano industriale che porterebbe alla riapertura e riconversione dell’impianto chimico. Inizialmente, se l’esito sarà positivo, una quindicina di addetti darebbero l’avvio alle attività in cui si prevede la produzione di additivi per biodiesel da parte di una società sostenuta proprio dagli Altoè.
Secondo indiscrezioni, la società alleata dovrebbe essere l’Alchèmia Italia, azienda chimica che già produce biocombustibili nella sede di Cavanella Po, nell’area industriale attrezzata.
Alchimia Italia opera nel settore degli investimenti industriali, principalmente dell’area chimico-farmaceutico, affiancandosi al cliente con tutta una serie di tecnologie, laboratori all’avanguardia e personale altamente specializzato. Nel 2007 ha avviato una serie di collaborazioni per la produzione di semi oleosi per la loro trasformazione in biocarburanti oltre alla realizzazione di un futuro impianto, grazie ad un accordo con una multinazionale norvegese, per la produzione di intermedi chimici.
La soluzione alla spinosa questione non è volta solo all’acquisizione della fabbrica di via Gramsci, ma anche ad un accordo con Adria Power, la società che ha realizzato in loco una centrale elettrica di coogenerazione, creata ad hoc per fornire l’energia necessaria all’impianto chimico e che non è mai entrata in funzione causa la sospensione delle medesime attività.
Tale dovrebbe fare altresì da apri pista a successive iniziative di investimento che si potrebbero ipotizzare nella grande area dell’ex zuccherificio, con positivi risvolti sul piano ambientale ed economico del territorio.

ROBERTO MARANGONI