giovedì, 28 Marzo 2024
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Parla il magistrato Alfonso Sabella

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“Cacciatore di Mafiosi”, questo il titolo del libro di Alfonso Sabella ex-Sostituto Procuratore del Pool Antimafia di Palermo. Magistrato noto per aver arrestato importanti latitanti della mafia siciliana come Giovanni Brusca, colui che premette il tasto dell’esplosivo nella strage di Giovanni Falcone, Leoluca Bagarella, Carlo Greco, braccio destro di Bernardo Provengano, Vito Vitale. Circa cento i latitanti arrestati dal magistrato che, oggi, è giudice a Roma. Sabella è stato in Riviera del Brenta per incontrare giovani e ragazzi, per raccontare la sua storia. Lo ha accompagnato Oriana Boldrin presidente dell’Associazione Mondo di Carta . La storia di un magistrato che ha combattuto la mafia a Palermo negli anni subito seguenti alle stragi di Capaci. “Questo mio libro — dice Sabella — vuole ristabilire la memoria storia di quegli anni, gli anni dal 1992 al 1999. “Ho voluto dimostrare — dice — il reale volto della mafia. Non una cronaca patinata del padrino ricco e ben voluto. La mafia è terrore, sangue, morti, distruzione, bambini soffocati e sciolti nell’acido. Come Giuseppe di Matteo, figlio di Santino di Matteo, primo collaboratore di giustizia. Brusca disse di fronte all’aula bunker di Mestre che l’uccisione del piccolo Giuseppe fu per lui il giorno più bello della sua vita. Ecco il vero volto della mafia”. Oggi in Sicilia non c’è imprenditore che non paghi il pizzo. Questo è solo un sistema che serve alla mafia per pagare le sue spese di gestione e per creare una soggezione psicologica tra la gente. Il vero traffico oggi che alimenta la mafia è la droga, i rifiuti e la pubblica amministrazione. “Gli anni delle indagini — racconta Sabella — non furono soltanto caratterizzati dai processi politici, ma soprattutto del duro colpo che demmo alla mafia, ridotta ai minimi termini. Lo Stato può riuscire. Oggi, però, dopo Capaci, la lotta alla mafia si è affievolita. Serve invece che lo Stato sia in grado di offrire delle opportunità ai siciliani affinché non si rivolgano più al mafioso locale per ottenere dei favori, ma ottengano i loro diritti dallo Stato. Tremo quando si parla di federalismo. Pensare ad una polizia gestita dalle Regioni può significare in Sicilia la fine della lotta alla mafia”. Per Sabella ora sussite un patto tacito tra mafiosi e Stato. La mafia ha ridotto gli attacchi eclatanti in cambio di un’assenza dello Stato.

Emanuele Compagno