Nella notte del 2 novembre un fiume in piena si è riversato nella campagna da Ponte San Nicolò a Bovolenta, sconvolgendo l’esistenza di migliaia di persone. Per una giornata intera dalla falla aperta sull’argine del Roncajette sono passati qualcosa come 150 mila litri d’acqua al secondo che hanno allagato 2.800 ettari della parte più bassa del bacino “Pratiarcati”. E’ finito sott’acqua prima il territorio di Casalserugo, ben l’80 per cento, con centinaia di abitazioni, poi, il giorno successivo, è toccato a Bovolenta. Completamente allagata via Padova, con l’intera zona artigianale e le 35 aziende presenti, oltre al Villaggio da Zara e ad altre decine di abitazioni sparse nella campagna.
In media oltre un metro d’acqua, con punte superiori ai due metri nelle zone più basse. Impossibile mettere in salvo oggetti della vita quotidiana e strumenti di lavoro, nessuno prevedeva un allagamento di una simile portata. A Casalserugo l’acqua se n’è andata dopo tre giorni, a Bovolenta hanno dovuto aspettarne altri tre, con l’angoscia che cresceva giorno dopo giorno. Quindi a centinaia si sono messi a spalare fango fra le lacrime: intere case sono finite in strada. Mobili, letti, divani, vestiti, giochi dei bambini: niente si è salvato, tutto da buttare, migliaia di vite di lavoro e di ricordi. Per non parlare delle aziende: danni ingenti, produzione ferma, l’incognita delle risorse economiche e tanti stipendi da pagare. La ricostruzione è iniziata nello stesso momento in cui l’acqua si ritirava. Non sarà facile, nonostante le visite dei big della politica nazionale, da Napolitano a Berlusconi con una buona fetta di Governo. Dopo qualche tentennamento sono arrivati 300 milioni di euro. Basteranno? Chi lo sa, intanto ci si augura che arrivino in fretta, senza gli ostacoli della burocrazia. Poi si tireranno le somme.
“Dopo sei giorni di lavoro 24 ore su 24 per riportare all’asciutto l’intera zona – ha spiegato Eugenio Zaggia, presidente del Consorzio di Bonifica Bacchiglione – abbiamo fatto un po’ di conti: sono oltre 15 i milioni i metri cubi d’acqua (ogni metro cubo sono mille litri) espulsi dalle venti pompe dei nostri impianti. Stiamo parlando di idrovore enormi, una sola di queste è in grado di sollevare più acqua di tutte le decine di piccole pompe messe insieme e impegnate a Bovolenta nei giorni successivi all’alluvione. In questa zona i nostri impianti sono in grado di sollevare quasi 50 metri cubi d’acqua al secondo ma il problema è che per un giorno ne è entrata una quantità almeno tre volte superiore. Questi numeri servono a far capire che anche il Consorzio è stato vittima dell’alluvione e ora si trova a fare i conti con almeno 13 milioni di euro di danni per riparare argini e strutture, indispensabili per garantire la sicurezza di un territorio vasto”.
Il Consorzio ha già deliberato di anticipare tre milioni di euro per i primi interventi urgenti, augurandosi che la Regione stanzi le risorse dal fondo per l’alluvione. Alle critiche dei giorni scorsi i tecnici rispondono con dati e numeri: “Qualche anno fa abbiamo costruito l’idrovora Baldon, sul canale Cagnola a Bovolenta. – spiega il direttore Francesco Veronese – Ebbene, se non ci fosse stato quell’impianto ci sarebbero voluti almeno tre giorni in più per togliere tutta l’acqua che si era accumulata. Purtroppo la costruzione di canali e idrovore non ha lo stesso impatto, sia politico che mediatico, di altre opere, però solo in queste occasioni ci accorgiamo di quanto sia indispensabile”.