Si sta assistendo ad una sempre maggior diffusione dell’uso dei social networks; sono ormai abitudini quelle di pubblicare sul proprio profilo immagini e video, commentare, condividere contenuti. Come tutte le attività, anche le pratiche in questione devono essere tuttavia improntata al buon senso e alla prudenza onde evitare di sconfinare, per eccessi di disinvoltura, nella commissione di illeciti. La materia è molto delicata se si pensa che moltissimi utenti dei social sono minorenni. La diffusione di immagini e video altrui è disciplinata in via generale dalle norme sul diritto d’autore, secondo cui la relativa pubblicazione è lecita solo qualora chi vi sia ritratto/ripreso abbia precedentemente prestato il proprio consenso. Ebbene, la regola vale appunto anche per le pubblicazioni on line effettuata da parte di privati, ivi compresa la relativa condivisione sul proprio profilo di un social network. A tal fine bisognerebbe dunque essere certi del benestare dell’interessato. Il consenso non è necessario solo quando la persona è nota al pubblico o ricopre un ufficio pubblico, o quando l’immagine si riferisce a fatti, avvenimenti o cerimonie di interesse pubblico o svolte in pubblico. Per vero in quest’ultimo caso l’immagine o il video devono riguardare l’evento pubblico in generale e non una o più persone specifiche (sarebbe quindi comunque necessario il consenso per la pubblicazione di un primo piano di una persona tra il pubblico). Ovviamente per la pubblicazione di contenuti relativi a minori è necessaria la prestazione del consenso da parte dei genitori o da chi ne esercita la potestà. Si intuisce quindi come buona parte delle pubblicazioni on line, comprese quelle sui social, costituisce un illecito. A fronte della pubblicazione non autorizzata l’interessato può chiedere al Tribunale di ordinare all’autore (o al gestore dello spazio on line) la rimozione immediata, oltre alla condanna del responsabile al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali eventualmente subiti. Quanto ai primi per esempio alcune sentenze della Cassazione prevedono la risarcibilità del prezzo del consenso, ovverosia del corrispettivo che la vittima avrebbe presumibilmente chiesto per acconsentire alla pubblicazione. Se poi la pubblicazione illecita offende la reputazione di chi vi è ritratto, oltre a dover risarcire i danni, l’autore potrebbe essere chiamato a rispondere anche del reato di diffamazione aggravata, punito con la reclusione da sei mesi a tre anni o con la multa non inferiore ad 516 euro. Di tale reato risponde anche colui che offende l’altrui reputazione attraverso scritti o commenti pubblicati on line, per i quali bisogna parimenti prestare la dovuta attenzione. Un’interessante sentenza della Cassazione (1672/14) ha stabilito che pure l’insulto anonimo, rivolto cioè a persona non nominata, integra il reato quando la persona offesa è comunque identificabile dal contenuto della pubblicazione.
Avv. Roberto Meggiato