venerdì, 29 Marzo 2024
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Il vescovo striglia i politici di Chioggia

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Il vescovo striglia la classe politica locale. La massima autorità religiosa della diocesi rompe il silenzio e, dopo la crisi di maggioranza, entra nel teatro della politica, bacchettando la coalizione di governo che ha governato sino alla fine del 2014. Non sceglie un passo del Vangelo per esternare il suo pensiero, bensì una semplice poesia, imparata alle elementari, in grado quindi di far capire anche ai più piccoli “ i problemi dei grandi” Intervento inaspettato dalla classe politica, che è stato poi accolto con scontata eleganza e disponibilità a confrontarsi con il presule. “Cattivo è stato lui! Cattiva è stata lei! M’ha preso i miei giocattoli! E lei m’ha preso i miei! M’ha rotto la mia bambola! M’ha dato un pizzicotto! E il mio cavallo a dondolo ha il naso tutto rotto…! Ora in castigo subito dove- te entrambi andare, e così imparerete a pensarci prima di litigare. Era una piccola poesia che narrava la lite tra una sorellina e un fratellino. Una serie di accuse e controaccuse che ognuno rivolgeva all’altro. Naturalmente nessuno dei due riconosceva le sue colpe o ammetteva i propri soprusi o dispetti! Il tutto comunque si concludeva con l’intervento del genitore che, riconoscendo le colpe di entrambi, metteva in castigo tutti e due!”. È stata questa la poesia ricordata da monsignor Adriano Tessarollo, in un editoriale apparso nel quinto numero del settimanale diocesano “Nuova Scintilla”.
Il vescovo ha scelto questa forma, quasi sar- castica, per punzecchiare e dare una strigliata a tutta la classe politica che governa la città di Chioggia.
La dialettica dello scaricabarile, delle eter- ne contrapposizioni, dei veti incrociati e – parole del vescovo – degli interessi di parte: questi gli aspetti sotto accusa. Parole schiette, inequivocabili, che hanno fatto capire a molti il ruolo di sentinella della Chiesa e che, in qualche modo, l’hanno ulteriormente avvicinata al pensiero della gente comune, in piena sintonia con lo stile francescano del Pontefice. “Talvolta – ha scritto il presule – si ha l’im- pressione che l’esercizio della democrazia abbia la sua migliore espressione nell’ostacolarsi reciprocamente tra le parti che hanno avuto dal popolo l’incarico di governare la città con criteri di bene comune. È così impossibile trovare una convergenza sulle cose buone e utili da fare per la città, o prevale così tanto il conflitto degli interessi di parte, per non riuscire a proseguire il governo della città fino alla conclusione della legislatura?”. Ecco quindi il passo più importante del ragionamento di don Adriano.
“Constato con rammarico che le soluzio- ni dei problemi, la risposta ai bisogni e alle urgenze numerose saranno continuamente rimandate, e il danno ricadrà naturalmente sul- la cittadinanza, che ora non ne avrebbe alcun bisogno. Non è certamente bello vedere che in una città, di meno di cinquantamila abitanti, non si riesce a individuare ciò che davvero giova al bene dei cittadini. Forse sarà bene smettere lo stile dell’accusa. Invocare l’intervento del popolo come giudice, attraverso le elezioni, difficilmente risolve le cose. Quindi poi ritorneranno comunque in campo ‘quelli di prima’ che, dopo qualche tempo, ricominceranno a litigare, sempre in nome della democrazia e del bene comune!”.

 

Andrea Varagnolo