C’è una Rovigo sconosciuta, che a qualcuno fa anche un po’ paura. E’ la Rovigo dei senza tetto, delle persone senza fissa dimora, che non hanno la fortuna di avere una casa o che, più raramente, non la vogliono. Ce ne sono diversi nella nostra piccola città, dormono in edifici abbandonati, sotto i cespugli lungo la passeggiata Baden Powell, in stazione o nei dormitori di associazioni o enti.
A Rovigo, secondo i volontari, non esiste il clochard “romantico”, quello che ha scelto questa vita. Esiste, invece, chi ci si è trovato e non è più riuscito ad uscirne. Fare un viaggio nella notte rodigina dei senza fissa dimora significa scoprire un mondo che, a volte, alla luce del sole, non si vede. Così, si può partire proprio dalla stazione e incontrare il camper della comunità Emmaus, di Fiesso Umbertiano. Tre sere a settimana il camper sosta nel piazzale della stazione e offre ai senza tetto te caldo, panini e coperte.
“Incontriamo per la maggior parte uomini – racconta Giacomo Gasparetto, giovanissimo volontario del servizio che ci accompagna in questo viaggio – di donne ne abbiamo aiutate davvero poche negli ultimi anni. Offriamo loro qualcosa di caldo e qualcosa da mangiare e diamo coperte a chi ce lo chiede. Ci facciamo raccontare chi sono, gli chiediamo il nome. Con alcuni è un bel po’ che ci si vede, con altri ci si vede una volta e poi non ci si incontra più”. Appena arriva il camper, alle 20.30 precise, con a bordo un paio di volontari (a cui se ne aggiungono altri che arrivano direttamente sul posto), iniziano ad avvicinarsi gli utenti del servizio, spuntati fuori “dal nulla”, come se durante il giorno fossero invisibili. Ma non lo sono, sono persone e sono lì a bere un te caldo e scambiare qualche battuta con i ragazzi che ormai li conoscono. A volte può capitare qualche situazione un po’ complicata, qualcuno che magari ha alzato un po’ il gomito, ma i volontari, esperti e formati, sanno risolvere tutto, con fermezza, ma sempre con il sorriso. Ad avvicinarsi al camper per chiedere cibo e coperte non sono solo stranieri, come si tenderebbe a pensare, ma anche italiani, a volte, polesani doc che sono arrivati lì per i più svariati motivi.
Oggi la comunità Emmaus cerca nuovi volontari che siano disposti ad imparare come si gestisce il camper per formarli e farli avvicinare a realtà delicate ma presenti sul nostro territorio. Perché la solidarietà non fa bene solo a chi la riceve, ma anche a chi la fa. Fa crescere.