Mancano pochi giorni all’apertura della 56. Esposizione Internazionale d’Arte dal titolo “All the World’s Futures”, diretta da Okwui Enwezor e organizzata dalla Biennale di Venezia da sabato 9 maggio a domenica 22 novembre ai Giardini della Biennale e all’Arsenale.
La Mostra sarà affiancata da 89 partecipazioni nazionali negli storici Padiglioni ai Giardini, all’Arsenale e nel centro storico di Venezia. Sono 5 i paesi presenti per la prima volta: Grenada, Mauritius, Mongolia, Repubblica del Mozambico, Repubblica delle Seychelles. Altri partecipano quest’anno dopo una lunga assenza: Ecuador (1966, poi con l’IILA), Filippine (1964), Guatemala (1954, poi con l’IILA). Anche quest’anno la Santa Sede parteciperà con una mostra allestita nelle Sale d’Armi, in quegli spazi che la Biennale ha restaurato per essere destinati a padiglioni durevoli. Il Padiglione Italia in Arsenale, organizzato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali con la Direzione generale arte e architettura contemporanee e periferie urbane – sarà curato quest’anno da Vincenzo Trione.
La Mostra All the World’s Futures formerà un unico percorso espositivo che si articolerà dal Padiglione Centrale (Giardini) all’Arsenale, includendo 136 artisti dei quali 89 presenti per la prima volta, provenienti da 53 paesi. 159 sono le nuove produzioni realizzate per questa edizione.
“Oggi il mondo ci appare attraversato da gravi fratture e lacerazioni, da forti asimmetrie e da incertezze sulle prospettive – spiega il presidente Paolo Baratta -. Nonostante i colossali progressi nelle conoscenze e nelle tecnologie, viviamo una sorta di “age of anxiety”. E la Biennale torna a osservare il rapporto tra l’arte e lo sviluppo della realtà umana, sociale, politica, nell’incalzare delle forze e dei fenomeni esterni. Si vuole quindi indagare in che modo le tensioni del mondo esterno sollecitano le sensibilità, le energie vitali ed espressive degli artisti, i loro desideri, i moti dell’animo”
“Okwui non pretende di dare giudizi o esprimere una predizione, ma vuole convocare le arti e gli artisti da tutte le parti del mondo e da diverse discipline: un Parlamento delle Forme – aggiunge Baratta -. Una mostra globale dove noi possiamo interrogare, o quanto meno ascoltare gli artisti provenienti da 53 paesi, e molti da varie aree geografiche che ci ostiniamo a chiamare periferiche. Questo ci aiuterà anche ad aggiornarci sulla geografia e sui percorsi degli artisti di oggi, materia questa che sarà oggetto di un progetto speciale: quello relativo ai Curricula degli artisti operanti nel mondo. Un Parlamento dunque per una Biennale di varia e intensa vitalità.”