giovedì, 28 Marzo 2024
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La Cannabis terapeutica, rischi e vantaggi

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cannabis-terapeutica-sel-romanelli-474x300Questo articolo è volto a sensibilizzare l’opinione pubblica nei confronti di alcune terapie che da tempo sono utilizzate in alcuni paesi perché avvalorate da documentazione scientifica. Purtroppo, decisioni politiche e amministrative, altre più strutturali, relative alle cosiddette sostanze stupefacenti e a causa di un’obiezione ideologica che confonde l’uso terapeutico con quello ludico dei cannabinoidi, si sono venute a creare burocrazie intollerabili che di fatto vincolano pesantemente il loro utilizzo. E’ altresì necessario procedere con estrema cautela al fine di non creare falsi miti ed illusioni. Detto ciò, cerchiamo di conoscere questo vegetale dai molteplici pregi. Fin dai tempi più antichi la pianta di Cannabis è conosciuta dall’uomo, che ha tratto da essa svariate risorse, impiegandola in campo medico, spirituale, ricreativo e tessile. Cannabis è il suo nome botanico (dato da Linneo nel 1753), una pianta erbacea dioica che presenta infi orescenze solo femminili o solo maschili. Caratteristica molto importante è quella di contenere più di 60 composti unici, che sono collettivamente conosciuti come cannabinoidi .Tra questi il più attivo è il THC ovvero delta-9-tetraidro cannabinolo che da anni è utilizzato in tutto il mondo come cura in numerose patologie. Il THC è facilmente assorbito per via inalatoria, ma questo tipo di somministrazione non è in grado di assicurarne un dosaggio prevedibile e riproducibile nel sangue.

Infatti, i livelli ematici che ne conseguono variano a seconda della profondità, durata delle inspirazioni e del tempo di permanenza dell’inalato nei polmoni; inoltre dopo aver raggiunto il picco plasmatico, le concentrazioni di THC diminuiscono rapidamente a causa di alcuni fattori, tra cui il metabolismo epatico e l’accumulo di sostanza nel tessuto adiposo. La droga (termine botanico indicante la parte attiva, ovvero principalmente le infiorescenze femminili) può essere assunta anche per via orale; in questo caso la percentuale di THC assorbita è minore ma molto più prolungata, quindi si troveranno concentrazioni basse e variabili di principio attivo nel plasma. I cannabinoidi agiscono su alcuni recettori detti CB1 e CB2 situati principalmente in alcune zone del cervello (sistema nervoso centrale) e nel sistema immunitario, inibendo e stimolando il rilascio di alcuni neurotrasmettitori, tra cui la Dopamina.

Il loro legame, con tali recettori, “blocca” il segnale doloroso, ragione per la quale vengono utilizzati nella terapia del dolore. A tal proposito, evidenze scientifiche hanno dimostrato come l’uso di THC assieme agli oppioidi (farmaci di elezione nella terapia del dolore) consentano una riduzione di questi ultimi. Per cui, l’effetto analgesico della morfi na o della codeina, sono potenziate dall’associazione con THC a dosi di per sé ineffi caci. Infatti il THC, risulta in grado di ridurre la dose minima effi cace della morfina (-55%), del metadone (-75%) e della codeina (-96%). Ma giunti a questo punto una domanda sorge spontanea: perché i derivati dell’oppio sono comunemente accettati sia dalla comunità scientifica che dalla popolazione ed invece la Cannabis terapeutica trova tanta resistenza e perplessità? Probabilmente, la risposta risiede nel fatto che la sola parola Cannabis richiama alla mente il solo aspetto ludico, senza considerare le opportunità che una pianta così “ricca” possa fornire alla ricerca e ai malati che non rispondono positivamente alle terapie tradizionali. In Usa, per il 67 % dei medici “la cannabis dovrebbe essere un opzione medica” per tutti i pazienti. L’adesione maggiore è arrivata da oncologi ed ematologi con l’82% che sostengono i suoi benefici nel ridurre il dolore e la nausea derivante dai trattamenti chemioterapici, mentre il 54% dei reumatologi sostiene che la cannabis possa dare benefici ai propri pazienti.

In un sondaggio simile, pubblicato dal New England Journal of Medicine, il 76% dei medici intervistati in 72 paesi del mondo relativamente alle condizioni di una paziente, aveva risposto che avrebbe prescritto un farmaco a base di cannabis. In America, oggi la cannabis è diventata realtà, come trattamento terapeutico, in 22 stati oltre al distretto della Columbia. Ma vediamo quali sono gli sviluppi e le applicazioni cliniche attualmente in uso. Indicazioni accettate: Nausea e vomito in chemioterapia, Stimolazione appetito nell’AIDS, Sclerosi multipla, Terapia del dolore Indicazioni in corso di studio: Traumi cerebrali/ Ictus, Glaucoma, Epilessia, Spasticità nelle lesioni midollari (tetraplegia, paraplegia), Allergie, Anti-tumorale, Asma bronchiale, Malattie autoimmuni (lupus eritematoso, …), Malattie neurodegenerative (morbo di Alzheimer, corea di Huntington, morbo di Parkinson, Sindromi ansioso-depressive, Sindromi da astinenza nelle dipendenze da sostanze E in Italia come vanno le cose? Al momento esiste un solo farmaco riconosciuto dall’agenzia Italiana del Farmaco (AIFA : il “Sativex®, ma è costoso e scarsamente reperibile e le condizioni di cessione previste, sono così restrittive, che rischiano di fatto di impedirne la prescrizione da parte dei medici.

Sono altresì presenti altri farmaci contenenti cannabinoidi di sintesi (MARINOL, DRONABINOL, NABILONE) non in commercio in Italia e per giunta con minori effetti, probabilmente dovuti alla mancanza del fitocomplesso contenente i 60 composti “attivi” tipici della Cannabis naturale. Ecco perché a Firenze, nello stabilimento chimico-militare, dietro autorizzazione del Ministero della Salute e della Difesa, i ricercatori hanno iniziato a produrre una nuova generazione di piante le cui infi orescenze contengono una concentrazione elevata di principio attivo. Attualmente lo stato Italiano le importa dall’estero con il nome Bedrocan®, Bediol®,Bedrobinol® ed il loro costo è ancora elevato, ma per fi ne anno, quando saranno presumibilmente pronte le prime piantine, i prezzi dovrebbero abbassarsi. Per tutte queste ragioni, al momento, le terapie a base di cannabis (infi orescenze) sono possibili unicamente attraverso l’allestimento di preparati galenico magistrali eseguiti nelle farmacie pubbliche e private che possono essere assunte in diversi modi: Vaporizzate tramite inalatori simili ad aerosol; Bevute come tisane (decotto); Ingerite come olio di estratto da somministrare in gocce sublinguali. Ogni prodotto è ottenuto secondo un sistema scientifi camente validato e facendo riferimento ad un protocollo ben preciso.

E gli effetti collaterali quali sono? Il quesito sui deficit cognitivi permanenti o semipermanenti conseguenti ad un’elevata assunzione di cannabis è controverso. Secondo alcuni studi l’uso elevato a lungo termine di cannabis porta a deficit dell’attenzione, che solo in parte si ripristina dopo un significativo periodo di astinenza. Altri studi, hanno affermato che i deficit cognitivi legati all’uso esagerato di cannabis sono riscontrabili in seguito a una recente assunzione di THC e sono reversibili nel tempo. La prima regione in Italia a regolamentare l’uso terapeutico della cannabis è stata la Puglia nel 2010 con la sua erogazione a carico del Servizio Sanitario Regionale; a seguire la Toscana e la Liguria nel 2012. Anche in Veneto il consiglio regionale ha approvato il 28 settembre 2012, con la legge n. 38: “Disposizioni relative all’erogazione dei medicinali e dei preparati galenici magistrali a base di cannabinoidi per fi nalità terapeutiche”. Nel prossimo numero: In che termini e modalità è consentita, chi la può prescrivere, dove bisogna andare per averla, le Regioni che hanno regolamentato l’uso di cannabis.

 

Dott. Alberto Faggin
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