martedì, 19 Marzo 2024
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L’importanza della comunicazione tra medico e paziente

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senior couple visiting a doctorChi ha letto “Alice nel paese delle meraviglie” il libro di Carrol Lewis che ha accompagnato l’infanzia, e non solo, di molte generazioni, si ricorderà certamente di quando Alice chiedeva allo stregatto di muovere la coda per un verso o per un altro in modo tale da rispondere con un sì o con un no per “intendersi a meraviglia”.

E’ quello che nel gergo della scienza della comunicazione viene definita come una comunicazione binaria che è comunque indicativa, nella sua semplicità, della instaurazione di un rapporto comunicativo. Nelle cause intentate contro i medici le rilevazioni delle compagnie assicurative, che sempre più rifuggono dal mercato sanitario, evidenziano problematiche preponderanti riferibili a dinamiche comunicative e a questioni organizzative, mentre la mal pratica medica occupa un ruolo decisamente minoritario. Al di là di una cosiddetta sindrome da risarcimento, che colpisce in modo particolare in periodi di crisi economica, i conflitti in ambito sanitario derivano per lo più da una insufficiente ed inadeguata comunicazione instauratasi nel rapporto fra medico e paziente. Un rapporto del tutto peculiare in cui il medico diagnostica la malattia ma deve curare il malato e ciascun malato ha un suo vissuto, una sua storia, (che è individuale e non è mai uguale ad un’ altra storia) una sua peculiare sensibilità, un suo modo di affrontare i problemi, anche i più delicati, ha un suo credo, una sua cultura, una sofferenza diversa da ogni altro. Solo nella dimensione culturale e spirituale di uno stretto rapporto possono trovare dimensione aspetti che fanno parte del mondo della bioetica e che non sono socializzabili perché strettamente legati alla vita della persona. Il rapporto medico-paziente è molto cambiato da quello autoritario di un tempo, in cui non veniva non solo messa in discussione la parola del medico, ma neanche si osava richiedere spiegazioni di quello che il medico diceva o prescriveva. Nell’immaginario collettivo viene ricordata con nostalgia la vecchia figura del Medico Condotto, un Medico con pochi mezzi tecnologici e con uno scarso armamentario terapeutico, ricco della suo sapere limitato nel tempo e della sua enorme esperienza, che era sempre disponibile, che qualche volta guariva, ma ascoltava e consolava sempre.

Oggi il paziente è una persona molto più istruita, informata e preparata e, giustamente vuol esser partecipe delle decisioni che riguardano la sua salute; talvolta anche in modo conflittuale contestando una diagnosi perché ha letto su Internet… o l’amico gli ha detto… e magari contrattando con il medico esami diagnostici e terapie senza avere una preparazione adeguata per decodificare in modo scientifico e razionale le informazioni ricevute; a volte più alla ricerca di una normalizzazione di parametri ematochimici ed al consumo di alta tecnologia, magari di grande fascino (RM,TAC etc.), come se queste risolvessero i suoi problemi, che non attento al suo reale stato di salute. Il progresso scientifico offre oggi un ventaglio assai ampio di scelte diagnostiche e terapeutiche ed è un dovere deontologico del medico rispettare le scelte del paziente, una volta sicuri che questi abbia ben compreso i rischi, i benefici e le conseguenze del suo scegliere. La comunicazione si rivela quindi un momento di rilevanza assoluta e, non basta limitarsi alla semplice informazione. Informare infatti vuol dire mettere a conoscenza qualcuno di qualcosa che ignora, ma comunicare, dal latino communis  agere significa “mettere in comune” e quindi condividere.

La comunicazione, ed è una lacuna, non è materia di insegnamento negli studi della facoltà di Medicina, sebbene esistano tecniche di comunicazione e una scienza della comunicazione. Questa è per lo più lasciata al buon senso, alle capacità e alla sensibilità del medico. Come esiste una appropriatezza in medicina, che significa fare la cosa giusta alla persona giusta, nel momento giusto, e nel luogo giusto, parimenti non può non esistere una appropriatezza nella comunicazione che sta nel comunicare la cosa giusta alla persona giusta nel momento giusto e nel modo giusto. Ma, esiste un modello univoco per la comunicazione? La risposta non può che essere negativa. Coesistono però tecniche di comunicazione adattabili in base alla conoscenza dell’interlocutore e dell’ esperienza individuale. Saper comunicare dipende dalla sorgente (empatia); come comunicare dipende dall’ interlocutore e dalla conoscenza della sua storia; cosa comunicare riguarda la completezza della comunicazione. Per il medico gestire la comunicazione sta nel saper comunicare una malattia acuta o cronica o una malattia a prognosi infausta; saper comunicare le scelte diagnostiche e terapeutiche, ma anche saper comunicare salute nelle sue forme preventive primarie e secondarie e negli stili di vita. Certo che, affinchè la comunicazione sia corretta ed efficace, è necessario che la sorgente e il ricevente siano sulla stessa lunghezza d’onda, altrimenti il messaggio rischia di viaggiare su binari paralleli che non si incontreranno mai e non potrà mai arrivare a destinazione per esser compreso e messo in comune.

La complessità della società e di conseguenza la complessità del mondo della sanità, congiuntamente al progresso scientifico ed alle opzioni diagnostiche e terapeutiche, rende la comunicazione oggi ancor più un cardine fondamentale nella relazione medico-paziente per il raggiungimento di quell’ alleanza terapeutica indispensabile per combattere insieme, medico e malato, le malattie. Dalla comunicazione binaria ad oggi ne è passato del tempo, ma è innegabile che la coda del gatto ci ha fatto fare importanti passi in avanti.

 

di Francesco Noce
Presidente dell’Ordine dei medici chirurghi e odontoiatri di Rovigo

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