“Dare legittimazione alle trivellazioni in mare è pura follia”. A dirlo è il presidente della Regione Luca Zaia, in risposta alle sollecitazioni della rete polesana dei comitati ambientalisti che hanno predisposto un documento per dire no alle perforazioni e cercare di bloccare i procedimenti in corso per i progetti ‘petroliferi’ riavviati dal ‘Decreto sviluppo’.
Si tratta dell’ennesimo tentativo di riaprire la porta all’attività di ricerca ed eventualmente di estrazione di idrocarburi in Alto Adriatico. Una attività che nei decenni scorsi è stata foriera di conseguenze pesantissime per l’ecosistema non solo del Delta del Po, ma di tutto l’Alto Adriatico. Questo perché, come dimostrato da vari studi, lo svuotamento delle sacche che costituiscono i giacimenti di idrocarburi provoca un graduale abbassamento della costa. Il risultato è disastroso: l’acqua salata del mare risale per chilometri e chilometri lungo i fi umi, il Po in primis, dando origine a quel fenomeno che viene chiamato “cuneo salino” e che provoca pesantissime conseguenze per l’agricoltura, dal momento che il sale di fatto è in grado di uccidere ogni coltura. Era già accaduto nel recente passato che si tentasse di fare rientrare dalla finestra quello che era uscito dalla porta: vale a dire lo sfruttamento di eventuali giacimenti in Alto Adriatico, bandito per legge proprio per le considerazioni delle quali si è detto.
A questo proposito è proprio il presidente del Veneto Zaia a ricordare che la Regione si è sempre dichiarata contraria alle trivellazioni, sia come attività estrattiva vera e propria che come semplice attività di ricerca. A inizio anno aveva impugnato davanti alla Corte Costituzionale alcune disposizioni del Decreto Legge 12 settembre 2014, n. 133, il cosiddetto “Sblocca Italia”, e in particolare proprio le norme che legittimavano le trivellazioni in Alto Adriatico, sia pure semplicemente come ricerca. Una formula che però giustamente era stata da tutti avvertita come il primo passo di operazioni ben più invasive. “Disposizioni di questa natura adottate a livello centrale – ribadisce Zaia – non solo prevaricano tutte le competenze regionali in materia di governo del territorio ma, in previsione di ipotetici benefi ci ancora tutti da verifi care, determinano invece gravissimi pericoli ambientali per il territorio italiano, già caratterizzato da rilevanti rischi geologici e ambientali. Non si mettono in conto infatti i rischi che corrono aree di pregio naturalistico e paesaggistico e fi orenti attività economiche legate al turismo e alla pesca, per non parlare dei pericoli di subsidenza delle coste, fenomeno che si è già registrato in Polesine”.
Proprio la nostra provincia, interessata dal corso del maggiore fi ume d’Italia, il Po, ha infatti pagato lo scotto maggiore al fenomeno della subsidenza. Tanto che la locale Procura della Repubblica, ormai quasi 15 anni fa, aveva avviato una indagine poi sfociata in processo proprio per accertare eventuali responsabilità legate alla subsidenza e ai danni che ne sarebbero derivati (vedi in particolare box a piè pagina, ndr). “La Regione del Veneto – conclude Zaia – ha già promosso e promuoverà ancora, se necessario, tutte le azioni percorribili per opporsi”. Da parte di Palazzo Balbi, quindi, nessun dubbio. Questa volta la lotta verrà combattuta fi anco a fi anco dei comitati e dei movimenti civici, con una trasversalità che interessa anche altre forze politiche e che nasce dalla consapevolezza di dovere difendere il territorio nel quale si vive da un possibile assalto.
Elisa Dall’Aglio