giovedì, 28 Marzo 2024
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Allarme inquinamento in provincia di Padova, anche nella catena alimentare

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I Pfas anche nella catena alimentare. L’allarme inquinamento che ormai da mesi riguarda le nostre acque ora assume contorni ben definiti, e purtroppo piuttosto allarmanti. Grazie ad oltre duecento analisi effettuate da novembre a giugno nei territori delle Usl 5, 6, 20, 21 e anche nella nostra Usl 17, è stato infatti possibile confermare la presenza di sostanze perfluoroalchiliche (i Pfas, appunto) anche negli alimenti.

Il campionamento era stato imposto alla Regione dall’Istituto Superiore di Sanità per valutare il livello di inquinamento da sostanze perfluoroalchiliche dei nostri corsi d’acqua e dei territori limitrofi. Le analisi sono state effettuate su campioni appartenenti a foraggi, pesci, uccelli e mammiferi di allevamenti, verdure e uova di gallina. Il risultato della analisi ha fatto emergere che i valori riscontrati per Pfos e Pfoa (varianti della grande famiglia dei Pfas, ndr) si presentano più elevati rispetto ad alcuni dati presenti in bibliografia.

Più nello specifico, i campioni sui quali sono stati trovati i Pfas per un valore variabile da 1 a ben 57,4 microgrammi/kilogrammo (ug/kg) riguardano in particolare: 11 campioni di uova prelevate in tutti i territori di competenza delle cinque Usl, 10 campioni di pesce in tutte le cinque Usl, 9 campioni di bovini prelevati in quattro, 2 campioni di insalata in due Usl, 1 campione di bieta, foraggio, pollo, fagiano, capra in un’altra. Anche se i casi più emblematici sono quelli registrati a Creazzo (una scardola con 57,4 microgrammi per kilogrammo) e nella vicina Cologna Veneta (un pesce del Fratta con 33,9 ug/kg e un uovo di allevamento domestico che attingeva da un pozzo con 21,2), campioni contaminati sono stati recuperati anche a Montagnana, Villa Estense, Megliadino San Fidenzio e Megliadino San Vitale, ma anche nelle limitrofe Terrazzo e Bevilacqua. Per ora non è stato lanciato il “rischio alimentare”: la Regione ha infatti comunicato di aver affidato al Ministero della Salute e all’Iss il compito di interpretare questi dati anche in un’ottica di rischio per la salute. La difficoltà di una valutazione effettiva del rischio alimentare risiede nel fatto che, allo stato, non esistono disposizioni di legge a livello internazionale che disciplinino in qualche modo la presenza di Pfas negli alimenti.

Sulla questione si sono mossi in particolare il Movimento 5 Stelle, i cui attivisti sono stati tra i primi a denunciare il preoccupante rilievo del fenomeno, e il consigliere regionale Adnrea Zanoni. Quest’ultimo ha commentato: “I risultati delle analisi sono sorprendenti perché purtroppo confermano la diffusione e la presenza dei Pfas nei territori di tutte e cinque le Usl ed in tutte le matrici alimentari. Queste sostanze non dovrebbero essere presenti in nessun alimento ed invece le troviamo pressoché in tutta la catena alimentare, segno che probabilmente l’acqua inquinata le ha veicolate ovunque”. Dai comitati ambientalisti la preoccupazione non è minore, come spiega Francesco Miazzi del Lasciateci Respirare: “L’Istituto Superiore di Sanità riconosce le sostanze chimiche perfluoroalchiliche come interferenti endocrini e riconosce la probabile correlazione tra l’esposizione a detti inquinanti e l’insorgenza di patologie gravi quali: tumori, disfunzione della tiroide, ipertensione della gravidanza, aumento del colesterolo”. La fonte principale d’inquinamento da Pfas, lo sostiene Arpav, proverrebbe da uno stabilimento chimico nel vicentino che, sin dagli anni Sessanta, produce composti fluorurati.

 

di Nicola Cesaro