E’ stato nominato il nuovo direttore generale dell’Ulss 19 di Adria. O meglio, il commissario, dal momento che quello avvenuto a fine dicembre è stato un passaggo di consegne epocale. Vicentino, 61 anni, medico anestesista, oltre alla professione “sul campo” è già stato anche direttore dell’Arss (Azienda regionale sociosanitaria) di Venezia dal 2006 al 2010, poi direttore generale dell’Ulss di Belluno e direttore generale dell’Ulss di Bassano del Grappa. Ora Antonio Compostella è, dal 30 dicembre scorso, direttore generale dell’Ulss 18 di Rovigo e commissario dell’Ulss 19 di Adria. In procinto di fondersi.
La sua sarà comunque ricordata comel’ultima direzione generale sotto la quale la Ulss 18 di Rovigo e la Ulss 19 di Adria sono state due entità separate. A meno di clamorosi colpi di scena infatti è sotto la guida di Antonio Compostella che le due aziende sociosanitarie del Polesine confluiranno in una entità unica. Non solo: sempre nel corso del suo mandato (tre anni prolungabili a cinque) la sanità veneta dovrebbe finalmente riuscire a mettersi al passo con i dettati normativi e le linee guida dettate dalla Regione, che spesso ha operato profonde modifiche e riforme senza che il territorio e le aziende sanitarie fossero pronte, da un punto di vista logistico, a recepirle.
“Due, tre anni al massimo”. Questa infatti la previsione di Compostella della tempistica necessaria per dare attuazione a quel percorso di profondo ripensamento della sanità veneta avviato nel 2013. Con sullo sfondo l’idea di diminuire i posti letto in ospedale (con le famigerate ‘schede ospedaliere’), prevedendo strutture intermedie sul territorio, in gran parte però tuttora da attivare. Senza poi parlare dell’idea di superare le grandi strutture per degenti psichiatrici come gli Istituti di Ficarolo, senza però fornire allo stato una alternativa concreta. Discorso simile poi per il recente progetto di legge sulle Ipab (ossia case di riposo e affini), che prevede la possibilità di privatizzare, sotto forma di trasformazione in fondazioni. Cammino che alcune realtà hanno già intrapreso in Polesine, prima ancora che fosse chiara appieno la natura del percorso alternativo, ossia la pubblicizzazione. Tanto che la Regione, su impulso anche del territorio e degli amministratori locali, pare avere deciso di rallentare questo percorso.
Problematiche queste che interessano tutta la sanità regionale. Alle quali si aggiungono invece i punti dolenti delle sanità polesana. Un bilancio previsionale dell’Ulss 18 che parla di un deficit nell’ordine dei 40 milioni di euro. Tanto che il direttore generale uscente Arturo Orsini lo ha detto chiaramente, al momento di salutare:difficile pensare di potere mantenere sul territorio quattro ospedali. Due pubblici (Rovigo e Trecenta) e due privati convenzionati (Santa Maria Maddalena e Porto Viro). Considerazione che si porta dietro un dibattito sanguinoso e incancrenito in Polesine: se si deve tagliare, si taglia il pubblico o il privato?
Ovviamente non si può chiedere al nuovo direttore generale di risolvere tutto come d’incanto. Lo ha spiegato lui stesso, assicurando tuttavia un immediato impegno, assieme ai propri collaboratori. Ha annunciato che coniugherà attenzione alla qualità dei servizi, in ogni caso una priorità, con l’aspetto economico della gestione delle aziende. Invitando a non dimenticare come in Polesine, visto l’alto indice di vecchiaia, l’esercizio della sanità abbia un costo superiore che altrove. Chiarito anche come, al di là del percorso sulla via dell’unificazione delle due Ulss 18 e 19 – già comunque a buon punto, vista la strettissima collaborazione tra le due aziende – la geografia sanitaria del territorio non sia destinata a cambiare. Rovigo sarà l’ospedale hub del Polesine, Adria quello spot. In parole povere, importante ma non principale.
Martina Celegato