venerdì, 29 Marzo 2024
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I bambini che parlano in ritardo, quando preoccuparsi?

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bambinoÈ ormai ampiamente documentato che l’emergere del linguaggio e le traiettorie di sviluppo delle diverse competenze linguistiche sono caratterizzati da una notevole variabilità che riguarda i tempi, i modi e le strategie di apprendimento dei bambini. E’ tuttavia possibile, all’interno di tale variabilità, delineare delle tendenze generali di sviluppo condivise da molti bambini di lingue e culture diverse e, grazie a ciò, riconoscere bambini a rischio per un ritardo nella comparsa o nello sviluppo del linguaggio. Le differenze individuali, infatti, possono celare condizioni di ritardo transitorio, oppure possono essere espressione di un procedere atipico che può preludere un successivo disturbo della comunicazione e/o del linguaggio. Nella letteratura internazionale, i bambini che fra i 2 e i 3 anni presentano un ritardo nell’acquisizione del linguaggio, in assenza di patologie neurologiche, sensoriali e cognitive, sono considerati a rischio. Sono stati definiti “Parlatori Tardivi” quei bambini che hanno un vocabolario espressivo inferiore o uguale al 5°-10° percentile a 24 mesi di età e/o assenza di linguaggio combinatorio a 30 mesi (Thal & Bates 1988; Thal et al. 1997; Caselli et al., 2007; Desmarais et al., 2008; 2010). Da una recente revisione (Desmarais et al., 2008) emerge che gli autori non danno una definizione univoca al termine “Late Talkers”. La confusione terminologica riflette il fatto che il termine “Parlatori Tardivi” non costituisce un’etichetta diagnostica, soprattutto se si pensa che alcuni bambini, senza trattamento, rientrano all’interno dei normali range di sviluppo del linguaggio. I criteri di inclusione condivisi riguardano l’assenza di deficit uditivi importanti, di disturbi psichiatrici, di disturbi relazionali e la presenza di performance non verbali in norma ma un gruppo di studi definisce come Parlatori Tardivi, i bambini con deficit linguistici limitati alla sola componente espressiva e con competenze recettiva in norma (Fischel et al.,1989; Rescorla, 1989). In un altro gruppo di studi, invece, la definizione si basa su un unico criterio linguistico, cioè la presenza di un ritardo del linguaggio espressivo, indipendentemente dalle competenze recettive (Horwitz et al., 2003). Questa popolazione prende il nome di“Late Bloomers”, letteralmente “bambini che sbocciano tardi”. In Italia, gli studi epidemiologici sono molto limitati e riportano che circa il 5-8% dei bambini in una fascia di età prescolare mostra un ritardo nello sviluppo del linguaggio e, di questi, una percentuale variabile tra il 20-70% riceverà più tardi una diagnosi di disturbo di linguaggio. Nello specifico, la prevalenza dei bambini parlatori tardivi, che tra i 24 e i 29 mesi presentano un vocabolario espressivo inferiore a 50 parole e nessuna combinazione, è stimata tra il 10 e il 20%. Il ritardo del linguaggio rappresenta uno tra i motivi più frequenti di consultazione clinica in età precoce, ma ancora oggi è considerato una condizione transitoria e a prognosi sempre favorevole (Chilosi et al., in stampa). E’ invece ormai dimostrato che uno sviluppo linguistico ritardato può precedere un disturbo persistente del linguaggio oppure essere il segnale di problemi di natura diversa, ad esempio cognitivi e comunicativo-relazionali (Bishop et al., 2003; Buschmann et al., 2008). Gli studi di letteratura che hanno tentato di individuare gli indicatori di prognosi dei bambini parlatori tardivi appaiono ad oggi non risolutivi. Nonostante ciò, sono emersi dati sistematici relativi a quali fattori di rischio aggiuntivo possono complicare e aggravare il quadro di un ritardo del linguaggio espressivo semplice. Tra questi si trovano l’ambito delle abilità gestuali e comunicativo-sociali, il livello fonologico tra 24 e 30 mesi, e le abilità di comprensione (es. Caselli e Volterra, 2002; Thal et al., 1991; Thal e Tobias, 1992). Inoltre, è evidente in letteratura che i problemi di linguaggio tendono a ricorrere all’interno della stessa famiglia. I dati disponibili indicano che il 18-48% dei bambini, provenienti da famiglie in cui uno o entrambi genitori presenta o ha presentato un problema di linguaggio, molto probabilmente svilupperà una difficoltà linguistica (DeThorne et al., 2005). È noto, in più, che la tipologia delle stimolazioni linguistiche offerte dai genitori influenza lo sviluppo linguistico del bambino. Diverse ricerche sono state condotte allo scopo di indagare le connessioni tra caratteristiche linguistiche dei genitori e ridotto vocabolario espressivo all’età di 2 anni (Vigil et al., 2005). Il livello educativo materno è strettamente connesso al livello di stimolazioni linguistiche che la madre offrirà al suo bambino. Lo scopo principale del nostro lavoro, che partirà a Ottobre di quest’anno, e vedrà il coinvolgimento di alcuni Pediatri del territorio,è quello di individuare i bambini definibili “Parlatori Tardivi” tra i 24-36 mesi di età e, all’interno di questa casistica, studiare l’evoluzione di un profilo comunicativo-linguistico atipico in una condizione di “Ritardo” o di “Disturbo” della comunicazione e/o del linguaggio. L’obiettivo del riconoscimento precoce è quello di offrire al bambino maggiori occasioni di sfruttare al massimo le sue potenzialità e quelle offerte dall’ambiente.
A cura di S.Valentina – S. Minichiello (Logopedisti)

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