La proloterapia (o terapia proliferativa) è una terapia basata sul concetto che la flogosi (o infiammazione) non debba essere combattuta con la somministrazione topica o sistemica di farmaci antiinfiammatori, come abitualmente (e spesso erroneamente) viene fatto. Tali farmaci svolgono infatti la loro azione rallentando o impedendo la cascata di eventi che porta (attraverso l’infiammazione stessa) alla guarigione dei tessuti colpiti. In altre parole, l’infiammazione è quel fenomeno naturale ed “interno” che l’organismo sfrutta per arrivare, in stadi differenti, alla riparazione delle lesioni.
L’infiammazione determina dolore a causa di alcuni “mediatori”, che sono liberati nei tessuti colpiti, ma che in realtà precorrono l’arrivo di cellule specializzate (i fibroblasti), i quali daranno il via alla cicatrizzazione e alla guarigione dei tessuti malati. Interrompere questa cascata di eventi complessi allo scopo di lenire il dolore porta sì alla scomparsa dello stesso, ma rende incompleta la guarigione di muscoli, tendini, legamenti o articolazioni, con la possibilità di cronicizzazione della flogosi.
Senza contare il fatto che alcune strutture come le entesi (aree di inserzione dei tendini all’osso) o gli stessi tendini hanno una scarsissima vascolarizzazione, pertanto i farmaci assunti per via sistemica hanno pochissime possibilità di arrivare al bersaglio causa del dolore.
La proloterapia agisce in senso diametralmente opposto, basandosi su sostanze come il glucosio (lo zucchero comune) o i fattori di crescita delle piastrine, che vengono somministrati direttamente nelle sedi colpite dall’infiammazione, aumentando la vascolarizzazione (neoangiogenesi) e incrementando il richiamo delle cellule proinfiammatorie, allo scopo di far pervenire in loco le cellule deputate alla guarigione del tessuto. Pertanto si può affermare che la proloterapia non combatte, bensì “aiuta” l’infiammazione a svolgere la sua fisiologica azione riparativa. La proloterapia viene utilizzata negli Stati Uniti da quasi 60 anni.
Le sue applicazioni sono, come si può immaginare, estremamente numerose: artriti, tendinopatie (forme acute e croniche), forme iniziali di artrosi, traumatismi muscolari e tendinei, cervicalgie e lombalgie, metatarsalgie, neuroma di Morton ed altre ancora. I bersagli della proloterapia possono essere infatti tutte le strutture che hanno subito dei danni, a volte piccoli e non evidenziabili con le comuni metodiche di indagine, e che pertanto vanno sospettati basandosi su una buona anamnesi ed un buon approccio clinico.
Un esempio particolarmente importante viene dalla cervicalgia e dalla lombalgia, situazioni molto comuni, che in molti casi non hanno una origine chiara, e nelle quali con la radiografia tradizionale, la TAC, la RMN, l’ecografia o la scintigrafia non si giunge ad una diagnosi di certezza. Nella maggior parte di questi casi il dolore è causato da lesioni misconosciute o distrazioni e distensioni abnormi (anche senza lesione) dei numerosi legamenti presenti a livello della colonna vertebrale, e che portano a cronicizzazione della infiammazione.
Queste situazioni cliniche purtroppo rispondono molto poco a terapie farmacologiche e/o fisiche, che spesso sono peraltro particolarmente costose e non sempre prive di effetti collaterali. Le patologie legamentose sono inoltre diffuse a tutte le articolazioni, essendo i legamenti strutture estremamente (e assolutamente poco considerate) importanti nella stabilizzazione e nella dinamica articolare. La proloterapia si presenta quindi come una valida alternativa alla terapia tradizionale nel trattamento del dolore causato da infiammazione.
Basandosi sull’uso di sostanze naturali (come il glucosio) o addirittura autologhe (come i fattori di crescita derivati dalle piastrine dello stesso paziente), è praticamente priva di controindicazioni, effetti collaterali o interazioni farmacologiche, e può pertanto essere somministrata a tutti i tipi di pazienti. I pazienti stessi vanno tuttavia informati circa la possibilità di un lieve e transitorio peggioramento delle condizioni cliniche e del dolore stesso, così come della possibilità di un altrettanto transitorio bruciore che può essere avvertito durante la somministrazione delle sostanze proloterapiche.
Dr. Giampiero Salvati, medico chirurgo, specialista in malattie reumatiche – Sito: www.deltamedica.affidea.it