venerdì, 29 Marzo 2024
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“Fare il medico di guardia a Rovigo è diventato un lavoro pesante”

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medico“Settanta ore in una settimana e il minimo che ti è concesso è un collasso!” cerca di scherzare un medico dell’ospedale di Rovigo, che confidandosi ha chiesto di restare anonimo. Da quando, nel dicembre 2015, è entrata in vigore la nuova riorganizzazione dell’Ulss, la vita dei medici di guardia è diventata ingestibile.

“Fare il medico di guardia è diventato un lavoro pesante – racconta -, carico di preoccupazioni e ansie. Controllare 9 reparti da soli non è facile considerando l’età media di noi medici, che si aggira fra i 50 e i 60 anni. Ci si aspetta il dono dell’ubiquità e che le nostre prestazioni siano sempre al massimo dell’efficienza.
Quando si hanno tante ore alle spalle aumenta lo stress e questo impedisce di creare un buon ambiente di lavoro. Se prima, per mandare un paziente a casa, si facevano pochi controlli e mirati, ora il tempo che si dedica a ciascun paziente triplica, perché a ogni minimo dolore lo si sottopone a diversi esami, per accertarsi di escludere patologie e verificarne l’entità, per evitare il minimo errore. E tutto perché abbiamo paura di beccarci una denuncia.
È così che dobbiamo lavorare? Perennemente con l’acqua alla gola? Ogni caso del Pronto soccorso viene sbrigato nel più breve tempo, per quanto possibile, in attesa che un caso di entità più grave varchi la soglia. Una volta non si lavorava così, le abitudini erano diverse e i turni, anche se lunghi, erano fattibili”.

“Siamo accomunati tutti dalla stessa preoccupazione – continua – e ci rendiamo conto che le persone ci considerano ancora una classe privilegiata. Ma noi ci sentiamo limitati nel nostro lavoro e non tutelati. Le persone dovrebbero pretendere di più da chi gestisce il nostro ambiente di lavoro, invece di denunciare il medico, cosa che avviene anche troppo spesso. E cosa ci viene risposto dalla nostra dirigenza? Che va tutto bene e che le cose devono andare avanti così. Ci controllano in ogni dettaglio ma non si curano dell’ambiente in cui lavoriamo.
Ma è possibile che a Rovigo, a differenza di altri ospedali del territorio, si debba lavorare in un ambiente simile? Se, prendendo in considerazione l’ospedale di Trecenta, contiamo 20 persone in attesa al Pronto soccorso, Rovigo ne conta 75. È chiaro che qualcosa non va. Gli unici consigli che mi sento di dare ai nostri dirigenti è che assumano nuovopersonale e diminuiscano gli accessi impropri al Pronto soccorso. Sincermanete mi preoccupa pensare a dove andremo a finire”.

Serena Di Santo