Ogni giorno arrivano notizie di un’Italia devastata dagli incendi, spesso dolosi, spesso causati dalla disattenzione. Ecco perché è importante essere prudenti, specialmente nelle nostre zone agricole o di aperta campagna, dove non è raro imbattersi in pennacchi di fumo nero. È la malsana abitudine, ormai non più solo contadina, di bruciare le sterpaglie per ripulire in modo “fai da te” i giardini delle proprie abitazioni, piuttosto che gestirle come un rifiuto e conferirle secondo le corrette modalità.
Questi fuochi non sempre vengono gestiti nel modo giusto e possono creare problemi quando non anche seri danni, in particolare in un periodo siccitoso come quello che stiamo affrontando quest’anno. Tuttavia, bruciare il verde non è espressamente vietato, “ma è importante ricordare che questa azione contribuisce all’inquinamento dell’aria perché produce benzopirene – spiega il Presidente di Etra Andrea Levorato -. Ecco perché è sempre meglio conferire sfalci, residui di potature, scarti di orto e giardino al servizio pubblico di smaltimento: in questo modo si proteggono il territorio e la salute delle persone, e dal rifiuto verde raccolto si potrà ricavare compost ed energia rinnovabile”.
Bruciare ramaglie e scarti vegetali è consentito dalla legge, ma per evitare rischi bisogna rispettare alcune regole, previste nel Decreto legislativo 91/2014: limite giornaliero di 3 metri steri per ettaro; divieto di accensione di fuochi nelle vicinanze di abitati; obbligo di assistere di persona alla combustione; rispetto dei periodi e degli orari stabiliti dal Comune. Bisogna inoltre ricordare che tra il rifiuto verde non deve trovarsi nessun altro materiale. Sacchi di plastica, mobili e legno trattato, corde di plastica o altro possono produrre emissioni fortemente inquinanti.
Bianca Parise