giovedì, 28 Marzo 2024
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Sri Lanka, bello e possibile

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L’antica Ceylon si riaffaccia al turismo dopo le devastazioni dello Tsunami proponendo il suo vasto patrimonio Unesco di templi religiosi e fortezze, chiese coloniali e parchi naturalistici, dove l’elefante convive con il giaguaro

Ogni tanto cambia capitale, quella at-tuale si chiama Sri Jayawardenapura Kotte, un nome impronunciabile. Si trova vicino a Colombo, che per i più rimane la vera capitale, il cui nome non c’entra nulla con Cristoforo Colombo. Il paese cambia spesso anche nome: prima del 1972 era Ceylon, il nome che gli avevano dato gli inglesi, oggi si chiama Sri Lanka: ovvero “l’isola risplendente”.

In passato è stato anche Tabropana, poi Serendib e – sotto i portoghesi – dal 1605 Ceilão. La definizione più bella di quest’isola del sub continente indiano rimane “la lacrima dell’India” perché è questa l’immagine suggestiva che richiama nel planisfero. E di lacrime ne ha strappate tante a tutto il mondo lo Sri Lanka quando il giorno di Santo Stefano di cinque anni fa venne colpito a morte dallo Tsunami. Quell’onda assassina si portò via oltre 40.000 vite umane e intere città.

Non fossero bastati i lutti generati dalla guerra civile, quella che dal 1983 oppose i ribelli Tamil del nord alla maggioranza singalese. Questioni etniche, religiose (indu i primi, buddhisti i secondi), forse anche economiche.

Lo Sri Lanka è partito da quel doppio reset con la propria storia per un balzo in avanti senza precedenti. Oggi l’isola (che in realtà è un arcipelago) mostra al mondo un volto nuovo, evoluto, accattivante.

Il primo dato sorprendente è un’alfabetizzazione che supera il 90 per cento, condizioni economiche nettamente migliorate rispetto al passato – rispetto soprattutto alla vicina India – e un decoro all’inglese evidente nelle città e nell’ambiente. Si vede quanto i singalesi amino la propria terra e quanto ne abbiano cura.

Il timido risveglio del turismo – anche di quello italiano (come confermano i dati forniti dal tour operator Explore Vacations, uno dei più accreditati), che prima della catastrofe assicurava numeri da capogiro – è un segnale di speranza per questo paese col sorriso stampato addosso, stampato negli sguardi della gente e nella bellezza del paesaggio, così cangiante fra la costa in larga parte ancora aspra e selvaggia e la montagna terrazzata all’infi – nito per coltivare il tè. Già, il tè, prodotto nazionale di cui gli inglesi introdussero il culto e l’economia, al punto da far coincidere il nome Ceylon con i germogli della piantina da cui si ricava l’infuso più famoso al mondo. Per assicurare queste coltivazioni nell’isola sono state realizzate opere idriche imponenti, quasi da far invidia agli olandesi, che qui – dopo i portoghesi – lasciarono la propria traccia coloniale prima degli inglesi.

Un viaggio in Sri Lanka si giustifi ca per tanti motivi. Il mare, certo, anche se non siamo ai Caraibi. Mare che regala scorci straordinari, come in quell’immagine icona – celebrata anche dalla copertina di un disco dei Duran Duran e dalla guida della Lonely Planet – dei pescatori sul trespolo di Waligama.

Oggi sono più elementi di folclore più che eredi veri della secolare tradizione dello stilt fi shing così abilmente tramandatoci dalla foto di Steve McCurry Nonostante tutto Waligama resta una sosta obbligata e lungo quel tratto di costa è bello vedere anche il pesce messo ad essiccare, come fossimo in Scandinavia o sul lago Titicaca. I templi invece sono un patrimonio ancora autentico, perché autentica è a livello popolare l’adesione al pensiero fi losofi co di Buddha di scuola Theravada e – per gli induisti – il culto delle proprie divinità, spesso rappresentate in modo näif eppure così piene di significato. Ad Anuradhapura, prima capitale singalese, imperdibili i templi di Dambulla scavati nella roccia e a rescati sul soffitto.

Ogni grotta lascia a bocca aperta per le bellezze che svela, è come si entrasse in tante Cappelle Sistina dalle pareti di pietra. A Sigirya, altro bene tutelato dall’Unesco, c’è la famosa fortezza dei “mille gradini”, all’apice di un percorso da vertigine. Polonnaruwa, poco lontano, è uno dei siti archeologici meglio conservati dello Sri Lanka. A Kandy, terza capitale del regno singalese, sorge il Tempio del Dente che ospita rituali e funzioni religiose sulla reliquia del canino di Buddha. Poco fuori la città si respira un’atmosfera da romanticismo inglese nei giardini botanici di Peradeniya prima di intraprendere il suggestivo percorso montano, che si snoda fra ardite coltivazioni da tè, con destinazione Nuwara Eliya, stazione di montagna dal fascino coloniale Old British.

Infine il parco di Yala dove, poco lontano dal mare, si estende una zona umida dove vivono in libertà gazzelle, elefanti e ghepardi. Avvicinabili grazie ad auto attrezzate per il safari. Colombo, infine, città piena di contraddizioni, ma pulita, ordinata e – nella parte nuova – avveniristica. E’ il simbolo di un paese che guarda avanti, forte di grandi civiltà alle spalle e di una grande fame di futuro. Che è già iniziato…

Renato Malaman

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