Nel 2015, al mondo, circa 46 milioni di persone erano affette da demenza; si stima che nel 2050 si arriverà a oltre 130 milioni. Questi i dati ottenuti considerando gli studi epidemiologici che hanno utilizzato i criteri internazionali ICD e DSM. Le demenze rappresentano inoltre la quarta causa di morte negli ultrasessantacinquenni dei Paesi occidentali, e sono uno dei fattori di disabilità più importanti nella popolazione anziana, responsabile di oltre la metà dei ricoveri in Casa di Riposo. L’impatto economico è molto rilevante con una stima di spesa attuale di circa 700 miliardi di dollari all’anno. In Italia si stimano 1,2 milioni di persone affette da demenza e oltre 250.000 nuovi casi all’anno. La demenza è una sindrome clinica caratterizzata dalla perdita progressiva delle funzioni cognitive, tra cui la memoria, tale da interferire con le usuali attività sociali e lavorative del paziente.
Oltre ai sintomi cognitivi, sono presenti sintomi non cognitivi, riguardanti la sfera della personalità, l’affettività, l’ideazione e la percezione, le funzioni vegetative, il comportamento. La malattia di Alzheimer è la forma più frequente e più studiata, rappresentando circa il 60% delle demenze. Si tratta di una sindrome degenerativa caratterizzata dalla morte progressiva delle cellule del cervello, i neuroni, in zone specifiche della corteccia e in special modo a livello dell’ippocampo. La causa della loro morte è complessa ma si crede in rapporto soprattutto all’accumulo di sostanze tossiche che si aggregano nelle placche amiloidi e nei gomitoli neurofibrillari. L’esordio è subdolo, con lieve perdita di memoria per gli eventi recenti: ad esempio, non ci si ricorda dove si sono riposti gli oggetti, cosa si è mangiato, l’ultima strada percorsa.
Poi la menomazione della memoria tende ad accentuarsi in progressione, con deficit sempre più marcati: disturbi del linguaggio e del pensiero e perdita graduale dell’autonomia con la necessità di avere una supervisione da parte dei familiari. In più nella fase moderata e poi grave della malattia, oltre all’aggravarsi delle disfunzioni cognitive, si fanno sempre più importanti e di difficile gestione i disturbi del comportamento che spesso necessitano di una terapia farmacologica. Oltre alla malattia di Alzheimer esistono altre forme di demenza degenerativa, come la malattia a corpi di Lewy e le demenze fronto-temporali; vi sono poi le demenze secondarie, come la demenza vascolare, e anche demenze reversibili, per cui è determinante individuare una diagnosi precisa. Sono numerose le ricerche in atto per comprendere le cause della malattia di Alzheimer e delle altre demenze; e se le conoscenze appaiono sempre più rilevanti, hanno anche messo in risalto l’estrema complessità di queste malattie. Le terapie a disposizione per la demenza di Alzheimer sono costituite dai farmaci inibitori delle colinesterasi e la memantina, che tuttavia aiutano solo a rallentarne la progressione.
I farmaci del futuro dovrebbero invece ridurre la produzione delle sostanze considerate tossiche, beta amiloide e proteina tau; inoltre anticorpi monoclonali per eliminare gli accumuli patologici nei neuroni. Finora sperimentati tuttavia i farmaci non hanno dato i risultati sperati ed è certo che le cure innovative ed efficaci non saranno disponibili a breve nei prossimi anni. Risulta pertanto importante affrontare le demenze in modo più globale e su questa strada anche in Italia si è elaborato il Piano Nazionale per le Demenze (G.U. n.9 del 13.01.2015); la Regione Veneto con delibera n. 635 del 28.04.2015 ha dato il via alla creazione della Rete Alzheimer (punto nodale sono i Centri per i Disturbi Cognitivi e le Demenze) che prevede la graduale integrazione dei servizi esistenti al fine di poter erogare in modo omogeneo ed efficace una serie di prestazioni per i malati con disturbi cognitivi e le loro famiglie. Appare comunque fondamentale fare diagnosi sempre più precoci ed esatte e poi seguire il paziente e la famiglia durante il percorso della malattia. Per ottenere ciò, è importante che paziente e familiari facciano attenzione ai sintomi premonitori, per poi parlarne col proprio medico e con estrema franchezza.
Quindi: attenzione alla perdita di memoria recente, alle difficoltà in attività della vita quotidiana, ai problemi di linguaggio, a disturbi dell’orientamento nel tempo e nello spazio, alla diminuzione della capacità di giudizio, a incertezze nel pensiero astratto, a cambiamenti di umore e del comportamento, al disorientamento nel pianificare azioni complesse. Il medico valuterà se tali sintomi abbiano un certo rilievo clinico e potrà decidere se indirizzare verso una visita specialistica. A questo punto il neurologo o il geriatra potrà iniziare una serie di indagini, sia strumentali che di tipo neuropsicologico, volendo determinare se si tratta di un declino cognitivo o no; se il declino è patologico, può essere primitivo o secondario e bisognerà escludere sempre le possibili cause reversibili, di tipo organico o di natura psichica (ad esempio depressione). Al termine di questo percorso si proporrà una terapia non solo farmacologica ma anche consigli sullo stile di vita perché si è evidenziato come una regolare stimolazione fisica e mentale possa rallentare in modo efficace il decorso della malattia. Da non trascurare poi il controllo di certe patologie come l’ipertensione arteriosa, il diabete mellito, l’ipercolesterolemia e l’obesità che possono aggravare il decorso della demenza. Se la diagnosi è di demenza degenerativa sarà da verificare se si tratta di Alzheimer o di altro tipo perché l’approccio farmacologico è diverso. Ai familiari è da spiegare invece e con chiarezza che tutte le cure hanno lo scopo di rallentare il decorso della malattia, ma non il ripristino delle condizioni cognitive precedenti. E proprio i Centri di Sollievo e i Centri Diurni sono di ausilio alle persone affette da demenza perché aiutano a mantenersi in attività grazie ai programmi di tipo motorio e cognitivo.
Nelle fasi più avanzate, si può chiedere l’inserimento temporaneo al Servizio Alta Protezione Alzheimer (SAPA) o nelle strutture residenziali. In questi anni in tutte le Residenze Sanitarie Assistite si sono create équipe composte da psicologi, educatori e logopediste che attuano progetti di stimolazione cognitiva e fisica con l’applicazione di terapie non farmacologiche per i disturbi del comportamento che a volte sono molto difficili da gestire. In conclusione, nell’attesa del farmaco risolutore che tutti noi ci auguriamo possa giungere presto ma che il realismo ci dice di non essere alle porte, è necessario riconoscere quanto prima la demenza per poi assicurare le cure più adatte mettendo in atto comportamenti individuali e collettivi tali da permettere di ridurre sofferenza, perdita dell’autosufficienza e le problematiche assistenziali delle famiglie, senza dimenticare un necessario, continuo adattamento a condizioni che non sono mai statiche ma in continua evoluzione.
Dott. Lino Pasqui – Neurologo
Affidea – Delta Medica
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