Armiamoci di schiumarola e padelle dai bordi alti: è tempo di frittura! Pronti a sperimentare a scoppiettanti prelibatezze?
Punti di fumo
La temperatura dei grassi nel quale immergere o panare i nostri alimenti è il cardine di una frittura perfetta. Le etichette di burro e oli non indicano il punto di fumo, ovvero la temperatura oltre il quale i grassi iniziano a “fumare” e si deteriorano, per questo motivo sta a noi stabilire quando inserire in padella i nostri preparati a seconda del grasso utilizzato. La regola aurea del buon fritto è tenere sempre presente il punto di fumo dei nostri grassi. Se l’olio fuma e imbrunisce, dovremo ricominciare da capo.
Se non utilizziamo una friggitrice dotata di termostato possiamo affidarci a un termometro da cucina o, più semplicemente, inserire un pizzico di farina o un piccolo boccone in pentola. Se l’olio sfrigola, produce delle bollicine o ancora il boccone torna a galla dorandosi, abbiamo raggiunto la temperatura perfetta.
È precisamente il contrasto dello shock termico tra olio in temperatura e alimento freddo, tra liquido bollente e alimento il più possibile asciutto (di qui l’infarinatura all’italiana) a favorire la disidratazione della superficie esterna e la sua doratura. Un alimento surgelato, troppo umido o anche la presenza di acqua potrebbero provocare una fiammata che possiamo domare prontamente mantenendo i nervi saldi e ponendo un coperchio sulla pentola.
C’è grasso e grasso
Scegliere l’olio giusto è il secondo passo per dare consistenza e carattere ai nostri fritti. L’armonia Food tra ingredienti in pastella, panati o al naturale e lipide utilizzato per friggere è il più potente alleato per massimizzare il risultato finale. Gli acidi grassi saturi presenti nei grassi di origine animale si decompongono a basse temperature perciò, anche per ragioni nutrizionali, è ormai poco frequente il loro impiego per friggere, fatta eccezione per alcune imprescindibili ricette della tradizione. È il caso della cotoletta alla milanese, rigorosamente nel burro, o dello gnocco fritto emiliano, impastato e fritto nello strutto. Con un occhio alla tradizione e uno alla dieta, possiamo senz’altro affermare che i grassi di origine vegetale, principalmente monoinsaturi e polinsaturi, hanno un punto di fumo più elevato e mantengono quindi meglio la cottura senza deteriorarsi. Le ricette presentano molte varianti ma l’olio d’oliva non extravergine e l’olio di semi di arachide si presentano come i più salutari e stabili, adatti per fritture sia dolci che salate.
Frienno e magnanno
L’adagio napoletano ci ricorda che il fritto va servito e consumato caldo o tiepido. Non copriamo e non ammassiamo le nostre preparazioni perché l’umidità toglie vigore alla crosticina delle nostre panature. Allo stesso modo ricordiamoci di aggiungere il sale solo a fine cottura e in fase di impiattamento perchè anzitempo il sale potrebbe tirare fuori l’acqua rimasta negli alimenti e ammollare le nostre vivande.
La fragranza del piatto raggiunge i suoi vertici di sapore solo se consumato poco dopo la cottura. Possiamo eventualmente conservare in frigorifero il fritto avanzato, ben scolato, completamente freddo e privo di salse e condimenti, in un contenitore di vetro a chiusura ermetica. Per riassaporare gli avanzi possiamo scaldarli ben distanziati sulla cremagliera in forno, a temperatura minima o, più opportunamente come avviene al ristorante, rifriggere per soli 2 minuti in olio ben caldo