mercoledì, 24 Aprile 2024
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Ospedale di Dolo, anche la Pneumologia è tornata alla sua normale attività

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Durante lo “tsunami” dell’emergenza, che ha visto il suo picco tra metà marzo e i primi di aprile, nel reparto della Pneumologia di Dolo sono transitati ben 116 pazienti

Team ospedaliero (foto dalla pagina facebook di Giuseppe Dal Ben)

“Ora siamo quasi completamente tornati alla normalità – dichiara il Primario, dottor Manuele Nizzetto -. Dai primi di giugno, infatti, il reparto ha nuovamente accolto le tipiche patologie pneumologiche come l’insufficienza respiratoria, la fibrosi polmonare, l’asma, le neoplasie, ecc. Ma non dobbiamo abbassare la guardia; non a caso, infatti, manteniamo liberi due posti letto per eventuali nuovi casi collegati al Coronavirus”. Tira un sospiro di sollievo il dottor Nizzetto mentre racconta quei giorni difficili, che hanno messo a dura prova sia l’uomo che il medico professionista. E anche la sua squadra che, dice, “ha cercato sempre di sostenere per garantire la loro sicurezza e far fronte alle ingenti ed eccezionali richieste di ricoveri”.

L’emergenza Coronavirus affrontata dall’Ospedale di Dolo

Verso metà marzo, nel giro di pochi giorni, il reparto di Pneumologia dell’Ospedale di Dolo ha subìto una sensibile trasformazione, e si è attrezzato per accogliere nel modo più efficace i pazienti malati di Covid-19 del territorio dell’Ulss 3. Il quarto piano, che ospita le degenze di Pneumologia e Cardiologia, è stato adibito completamente a Pneumologia Covid-19 con 24 posti letto, sempre occupati. La fascia media d’età dei pazienti presi in carico da questo reparto si aggirava attorno ai 70 anni, con un rapporto maschi-femmine di 2 a 1. La persona più giovane che è stata assistita e, per fortuna dimessa, è un ventiseienne, mentre quella più anziana, anche questa dimessa alla fine con esito positivo, ha 90 anni. “I pazienti – ricorda il Primario – arrivavano a ondate e a ondate precipitavano, nonostante si facesse tutto quello che era in nostra conoscenza. Siamo stati impegnati in turni intensissimi che ci lasciavano solo il tempo di una rapida cena e un riposo notturno, spesso poco ristoratore perché disturbato da pensieri di incertezza per il futuro. L’indomani ricominciava tutto daccapo, con la stessa sensazione d’impotenza, la percezione della scarsa conoscenza di come gestire tale patologia, caratterizzata dall’assenza di una terapia farmacologica certa e dall’impossibilità di prevederne l’evoluzione”. Non disponendo di una terapia farmacologica specifica per il Covid 19, i pazienti sono stati trattati seguendo protocolli condivisi nazionali e regionali che prevedevano l’uso di farmaci antivirali e antinfiammatori, e in base a quanto previsto anche dagli studi sperimentali. Qualche paziente è stato trattato con il plasma immune. Accanto alla terapia farmacologica, si ricorreva a quella con ossigeno ad alti flussi oppure alla ventilazione non invasiva e, nei casi più gravi, il passaggio obbligato era l’affidamento alla terapia intensiva. L’intenso lavoro di squadra, che ha coinvolto molte figure professionali, ha permesso di evidenziare il ruolo protettivo dell’eparina nei pazienti affetti da Covid 19; e tale risultato, ottenuto grazie alla stretta collaborazione con i colleghi cardiologi, è ora noto a tutta la comunità scientifica.

“Nei momenti di massimo picco epidemico – aggiunge il dottor Nizzetto – ho saggiato la fragilità della condizione umana, consapevole che la tecnologia, che tanto ci ha dato per migliorare il nostro mondo, non ci ha reso immortali. La morte, infatti, è entrata di prepotenza nei nostri reparti e ha sconvolto la nostra quotidianità, risvegliandoci dall’illusione del controllo e della permanenza. E ciò che appariva forse ancor più straziante era il senso di solitudine che abbiamo visto nei nostri pazienti, costretti in camere singole dalle porte sempre chiuse, con divieto di visita dei familiari, privati da questo virus di un semplice contatto con gli affetti più cari e avvolti dalla paura di una morte senza sepoltura”.

Dolo, il primario dell’ospedale parla a chi non crede al virus

Il Primario dedica un pensiero, infine, a chi non crede al virus o lo sminuisce nella sua potenza: “Capisco – conclude il medico – che chi non l’ha vissuto non può comprendere appieno il dramma del Coronavirus, ne sottovaluti i rischi e l’insidiosità, lo descriva come un’eventualità remota o pensi di esserne immune, specie se è giovane e in salute. Ma non è propriamente così: quando ti colpisce, e colpisce anche i più giovani, entra nel corpo e ne causa un tale sconquasso da condurre a una progressiva insufficienza multiorgano. Come una sorta di implacabile strangolatore, esso provoca talvolta l’irreparabile. L’immagine è forte, ma è lo altrettanto l’invito a continuare a rispettare le norme sui dispositivi e le forme corrette di distanziamento, perché le attività quotidiane possano riprendere e la vita continuare per ciascuno in condizioni di sicurezza, rispetto e fiducia”.