venerdì, 29 Marzo 2024
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Radicchio di Chioggia, una produzione in grande sofferenza

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“La crisi del radicchio è diventata strutturale e purtroppo abbiamo visto che alcune aziende rinunciano a raccoglierlo per limitare i danni”.

Radicchio

Inizia con queste parole il commento dell’ assessore alle Politiche agricole del Comune – Daniele Stecco – in merito alla drammatica situazione economica che sta vivendo il comparto agricolo locale”. L’incontro tra il rappresentante dell’ amministrazione comunale e le parti interessate è avvenuto a fine aprile, al cosiddetto “tavolo verde” che si è svolto in videoconferenza. Sono negli occhi di tutti le immagini di impatto circolate in Internet a metà aprile, in cui si vedevano agricoltori intenti a distruggere i frutti delle proprie fatiche con gli stessi mezzi con cui la terra era stata coltivata. Abbiamo chiesto a Mauro Mantovan, segretario dell’associazione CIA, un commento.

Com’è la situazione del comparto agricolo chioggiotto, in particolare per ciò che riguarda il radicchio?

“La situazione è molto difficile. In particolare ci sono forti squilibri tra prezzi corrisposti per il raccolto e il prezzo di uscita che vediamo nelle catene della grande distribuzione (Gdo). Non è possibile che il radicchio arrivi a essere pagato 8 cent/Kg e tra gli scaffali dei supermercati il prezzo superi l’euro; c’è qualcosa che non va. Altro problema è quello dei prodotti non locali. Consideri che noi italiani avremo tanti difetti, ma in tema di prodotti di qualità, controlli fitosanitari, rispetto delle normative di prodotto siamo di gran lunga i migliori. Tutti questi sono costi a carico anche degli agricoltori”.

Come se ne esce da una situazione così compromessa?

“Ci deve essere una sorta di controllo di queste speculazioni; l’attività imprenditoriale successiva alla fase di coltivazione e vendita del prodotto non può subire distorsioni così evidenti. Altro tema è quello di riconoscere una sorta di costo minimo di produzione. Un’ altra proposta potrebbe essere quella di un “plafond” produttivo: non si produca in aree “meno vocate”; solo così si mantiene l’eccellenza.

A prescindere dalla crisi in atto, perché non siamo riusciti a creare un marchio forte, competitivo per la nostra “Rosa” di Chioggia?

“Sempre si può fare di più. Il disciplinare Igp (la norma di legge che definisce i requisiti produttivi e commerciali di un prodotto) è stato fatto in un momento storico di forte trasformazioni, sia tecniche che produttive. I nostri produttori raccoglievano un quantitativo di prodotto che era sostanzialmente il doppio di quanto indicato nel disciplinare. Questa “palla al piede” ha immesso nel mercato molto prodotto che non poteva essere chiamato “radicchio di Chioggia”. Posso anticipare che proprio in questi mesi dovrebbero essere apportate delle modifiche al disciplinare in modo che si riesca a “correggere il tiro”. In ogni caso le produzioni dovrebbero essere coordinate. Produrre in autunno, tenere nelle celle frigo e uscire con il prodotto nella successiva primavera non aiuta. Ci vorrebbe il tentativo di fare squadra; le esperienze fino ad ora intraprese non sono state entusiasmanti. Garantisco che c’è una forza economica di rilievo che dovrebbe essere focalizzata meglio. Ci vorrebbe un capofila serio, una vera organizzazione di prodotto che regoli la produzione. Decisamente facile a dirsi, più difficile…”.

Luca Rapacciuolo