
Un virus subdolo e insidioso sta trasformando tutti noi, trascinandoci in un vortice senza controllo.
La situazione COVID ci ha fatto perdere di vista i riferimenti della quotidianità. Durante il “lockdown” primaverile c’era una grande motivazione a collaborare avendo la certezza che presto si sarebbe giunti ad una rassicurante e positiva soluzione del problema.
Ma non è stato così, sembra, anzi, che il duro sacrificio sostenuto non ci abbia insegnato nulla, o meglio, che non abbia insegnato nulla a chi avrebbe dovuto gestire la situazione e prevedere forse questa ricaduta autunnale come tanti scienziati avevano affermato.
Durante l’estate è venuta a mancare l’attenzione dovuta per tenere il distanziamento fisico a livello territoriale ed a livello ospedaliero è mancato il pensiero di allestire e destinare strutture ospedaliere idonee e definitive a contenere una eventuale ripresa di attività dell’epidemia da coronavirus.
Questa nuova ondata pandemica ci ha colto di sorpresa ci ha fatto ripiombare nella cruda realtà della pandemia e questa seconda tornata, peggiore della prima, ci ha ancora trovati impreparati, stupiti ed amareggiati malgrado tanti avessero preavvisato una seconda ondata.
Prima c’era la speranza a sostenerci e la convinzione che ce l’avremmo fatta. Ora c’è la disillusione e lo sconforto e, mentre in primavera ciò che accomunava tutti era un grandissimo spirito collaborativo, ora serpeggia nell’aria una grande scontentezza in tutte le categorie ed in tutti i settori ripiombati nel buio.
Si è di nuovo dato spazio alla improvvisazione che, se permessa nella prima fase primaverile, adesso la gente non è più in grado di concepire.
Purtroppo tutte le situazioni sanitarie non-covid sono state di nuovo messe in secondo piano e, se prima il sacrificio era stato accettato, ora non si può pretendere che i malati cronici o chi ha bisogno di sottoporsi a visite o ad accertamenti o a screening si trovino di nuovo nella stessa situazione, senza sapere dove andare o quando poter effettuare i controlli o gli interventi già programmati con ulteriori disagi ai malati ed al personale sanitario.
E’ vero, il problema covid è una marea che travolge ma, appunto per questo, non è ammissibile l’assenza di vera programmazione di questi mesi.
Non è giusto che il nostro sistema sanitario scada in questo modo e tutto questo nonostante i medici ed il personale sanitario tutto continuino a dedicarsi instancabilmente al loro lavoro.
Da un punto di vista sanitario la Riviera, con i suoi 130.000 abitanti, non può ancora pagare questo scotto; il territorio ha bisogno dell’Ospedale e dei suoi reparti, dell’Ospedale di Dolo nel pieno della sua attività come della medicina territoriale che tanto si sta prodigando, con senso di responsabilità, in questo periodo.
Da lunghi mesi i cittadini ed il personale sanitario dell’Ospedale di Dolo vivono una situazione di grande incertezza, auspicando il ritorno ad una normale operatività della struttura che si otterrà solo portando il covid fuori dall’Ospedale e, a tal proposito, alcune proposte erano state fatte per utilizzare delle strutture dove poter collocare i posti letto di terapia intensiva e sub intensiva, utilizzando per questo anche i finanziamenti statali destinati alle strutture dismesse da adibire a Covid o creando nuove strutture alternative dedicate.
Si auspica che, cessata quanto prima questa seconda ondata, sperando non ce ne siano altre, si pensi in maniera definitiva a fare tornare quanto prima i reparti a Dolo.
Dott. Francesco Sacco Assessore Comune di Mira
Politiche Sanitarie, Servizi alla Persona e alla Residenzialità, Programmazione Sanitaria, Distretto Sanitario