venerdì, 29 Marzo 2024
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Rienzo Colla fu un “seminatore” e un cattolico controcorrente ancora oggi attuale

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A cent’anni di distanza la sua lezione di libertà e dignità resta integra: fu un anticipatore dello spirito conciliare

Antonio Corazzin, sindaco di Vicenza, consegna a Rienzo Colla la medaglia di “Benemerito della città” nel dicembre 1984.

Cento anni fa, oggi, nasceva Rienzo Colla, scrittore ed editore, uomo di cultura apprezzato in tutta Italia quanto nascosto a Vicenza, medaglia d’oro della città. Fondò nel 1954 la casa editrice “La Locusta” il cui nome prendeva ispirazione dal cibo dei profeti nel deserto. E così volevano essere i suoi titoli, cibo di un’anima inquieta in ricerca. Quei suoi libriccini bianchi, dalle pagine volutamente non tagliate, perché rimandava al lettore il compito di aprirle, come auspicio a un suo convinto e diretto coinvolgimento nel libro che si apprestava a sfogliare, sono rimasti un simbolo non solo di profondità letteraria e teologica, ma anche di libertà.

Rienzo Colla (qui il ritratto efficace che ne traccia Luigi Accattoli) fu un cattolico scomodo ai tempi del vescovo-principe Carlo Zinato: la Chiesa regnava e non consigliava, la saldatura con la cultura italiana e il potere politico era perfetta. L’etica cattolica negli anni Cinquanta per molti, moltissimi, diventava moralismo con tanto di “Indice” dei programmi tv e dei film vietati affissi nelle parrocchie. La Dc di Gedda e dei Comitati civici, figlia degenere di De Gasperi, era il massimo cui si poteva aspirare. Era il vescovo di cui Camilla Cederna scrisse in un celebre reportage da Vicenza che aveva rubinetti d’oro in Vaticano. Era il 1963 e lei sapeva benissimo che non era vero: era una leggenda, lo spiegò, ma l’immagine rendeva perfettamente l’idea.

Colla fu la voce di preti scomodi, come don Primo Mazzolari, don Turoldo, don Milani

Lui, Rienzo Colla, che aveva fatto parte della Resistenza a Roma, che aveva conosciuto e apprezzato Franco Rodano, autentico cattolico e convinto comunista, non poteva andare a genio a quella curia. Voleva diventare prete: ci provò due volte, prima al seminario e poi nei Filippini. Non fu accettato da nessuno dei due.

Rienzo Colla al suo tavolo di lavoro: l’editore che faceva tutto da sè pubblicò 253 libretti bianchi, di grande spiritualità, anche 15 in un anno

Ripiegò sull’editoria, dove iniziò nel 1954 a pubblicare autori controcorrente, che raccontavano di un’altra Chiesa diversa da quella dei trionfi in cattedrale: quella dei poveri, della semplicità, dell’autenticità. Diventò la voce di don Primo Mazzolari, ma anche di padre Davide Maria Turoldo e di tanti altri autori. In un convegno on-line su Rienzo Colla organizzato l’altro giorno sul sito della Voce dei Berici, con il direttore Lauro Paoletto a fare da conduttore, Paolo Marangon, fine studioso del movimento cattolico all’università di Trento, ha ricordato un episodio: Rienzo Colla, che nonostante tutto voleva restare fedele alla Chiesa, nonostante la sofferenza di aver visto frustrata due volte la sua vocazione, si vide rifiutare l’imprimatur dal vescovo alla pubblicazione de “La parola che non passa” di Mazzolari da parte di mons. Zinato. Il quale lo convocò e gli propose, a titolo di risarcimento, di acquistare i libri che aveva stampato. Lui rispose di no. “I soldi della Chiesa sono dei poveri”, rispose al vescovo.

È una lezione di dignità e libertà che ha ricordato sempre nello stesso convegno anche Luigi Accattoli, che ha scritto un libretto per la Locusta e ricorda Rienzo Colla con parole d’affetto e di profonda stima. Non poteva che essere chiamato lui, che ha scritto libri intitolati “Cerco fatti di vangelo” a commemorare una figura così luminosa per credenti e anche per atei intelligenti. “Tutti i nomi che Colla mette in catalogo negli anni d’inizio della Locusta, Mazzolari, Fabbretti, Turoldo, Bernanos, Maritain, Cesare Angelini, sono nomi di “costruttori” della stagione conciliare, anzi la precorrono. Quella che va dal 1954 al 1958 è infatti la stagione creativa, la migliore di Rienzo. Che lezione possiamo trarre dalla sua opera, da un uomo che era già fuori epoca nella sua stagione? Che fu un seminatore generoso, tenace. E non aveva fretta. Riusciva a seminare ripetutamente, con insistenza. Arriva a pubblicare 15 libretti all’anno. E faceva tutto da solo”.

Nel 1984 il sindaco Corazzin gli consegnò la medaglia d’oro dei benemeriti di Vicenza

La pazienza, la dignità, la libertà, il perdono. Così era Rienzo Colla. Per chi crede, questi sono i segnali della santità; per chi non crede rappresentano le coordinate dell’umanesimo, che resta il terreno su cui credenti e non possono incontrarsi e lottare insieme.

Chi scrive lo intervistò nel 1984, qualche giorno prima che in municipio il sindaco Antonio Corazzin gli conferisse la medaglia d’oro dei “benemeriti di Vicenza” assieme a un altro scrittore emarginato da Vicenza, Goffredo Parise. Lui accettò anche se, ironia dell sorte, quella medaglia gliela rubarono anni dopo gli zingari. Quello che mi colpì in quel dialogo, al di là della gentilezza e della modestia dell’uomo, fu proprio la sua capacità di perdonare le offese, che pure aveva ricevuto. La capacità di “andare oltre” è propria dei grandi, che conoscono tutto, capiscono in profondità l’animo umano ma sanno scrutare l’orizzonte per comprendere cosa resta di noi e cosa no, così da buttare via tante parole e per fidarsi solo della “parola che non passa”. (Antonio Di Lorenzo)