venerdì, 29 Marzo 2024
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Vicenza, san Biagio cade a pezzi in strada. Ma dell’ex carcere e convento non importa niente a nessuno

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Da quarant’anni l’ex carcere è vuoto: ma ogni progetto di ristrutturazione s’è concluso in niente

A San Biagio cade un pezzo del muro dell’antico carcere. Zona transennata, pericolo evitato, responsabili avvertiti, lavori di ripristino speriamo veloci. Il punto è un altro. Viene da chiedersi: a chi interessa di San Biagio? La risposta nasce spontanea: a nessuno. Sono quarant’anni che il carcere s’è trasferito dall’antica contrà a San Pio X, anno più anno meno. E non è successo niente, tutto è nel degrado più completo. San Biagio è veramente una vergogna della città. Ecco la foto scattata il 2 marzo in Pedemuro San Biagio.

Il complesso che ospitava il carcere è del XVI secolo, ma le mura lì attorno erano state edificate ben prima, attorno al XIII secolo. Perfino Andrea Palladio lavorava e aveva la casa in Pedemuro San Biagio, che era la contrà degli scalpellini e dei muratori.

Il Fai ha sempre denunciato “il vergognoso degrado in cui versa tutto il complesso” che ha 500 anni

Basta andare a consultare il sito del Fai e si trova facilmente la storia del complesso. Si legge che il 20 dicembre del 1521 la comunità francescana acquistò da Cardino Poiana un possedimento di terreni in Prà del Purgo, detto anche contrò dell’Asenello, in una zona della contrada poi chiamata Pedemuro San Biagio e che arrivava fino alla sponda del Bacchiglione, presso il ponte di Pusterla.

Tre secoli dopo, cacciati i francescani da Napoleone e dimenticati i propositi religiosi, fu presentato un progetto che prevedeva la trasformazione del convento in carcere.

C’è di più. Come ricorda il Fai, nel 1928 parte del chiostro e la chiesa furono ceduti all’Aci affinché ne ricavasse la propria sede e trasformasse l’edificio religioso in un’autorimessa pubblica. Che esiste tuttora. Accanto, un’immagine dell’ex convento nel sito del Fai.

Proprio nel giorno della Memoria a gennaio, il sindaco Rucco ha posto una lapide commemorativa dei prigionieri, soprattutto partigiani (ma sulla lapide questo particolare non appare) che da San Biagio furono spediti a morire nei lager nazisti. Tra loro, per esempio, Torquato e Tommaso Fraccon. Delle dolorose vicende dell’ultima guerra è stata testimone suor Demetria, delle dorotee di via IV Novembre, che era la superiora delle consorelle che assistevano i prigionieri. A suor Demetria, persona di rara sensibilità e cuore, come ricorda nei suoi studi suor Albarosa Ines Bassani, toccava anche il compito di vegliare assieme ai condannati prima della loro fucilazione alla mattina: si può immaginare in quale stato d’animo vivessero quella notte.

Il carcere a San Biagio fu protagonista nel 1974 anche di una clamorosa protesta, con i detenuti che lasciarono le stanze e salirono sui tetti.

Ma veniamo ai giorni nostri.

Un’idea di vent’anni fa per riutilizzarlo e una dichiarazione firmata nel 2018 da Variati sono rimasti lettera morta

Vent’anni fa il direttore dell’Archivio di Stato, Stefano Marcadella, presentò una fascinosa e costosa idea per ristrutturare tutto il complesso e destinarlo a scopi cultural. Ne fu sostenitore anche Mario Giulianati, al tempo presidente della Bertoliana, ma non se ne fece niente e tutto è rimasto sulla carta.

In anni più vicini, prima di lasciare il suo incarico da sindaco, Achille Variati nel 2018 firmò un preliminare d’intesa con l’Agenzia delle Entrate per ristrutturare il complesso e farlo diventare sede degli uffici finanziari e della Polizia di Stato. Sembrava una svolta, ma la città restò anche stavolta a guardare. Pure di questa dichiarazione di buona volontà non c’è conseguenza nella vita della città, mentre l’Agenzia delle Entrate s’è trasferita a Borgo Berga e di quella pia intenzione non s’è fatto alcunchè. Un’altra immagine dell’ex carcere di san Biagio tratta sempre dal sito del Fai.

Come annota il Fai, presieduto dall’attiva Giovanna Rossi di Schio, il complesso di San Biagio sopporta “una decadenza senza riparo e attende una riqualificazione”. Loro fanno quello che possono: l’hanno anche inserito nei “luoghi del cuore” del Fai ma senza che le sue condizioni muovessero a pietà i reggitori delle cose pubbliche.

Capisco che le competenze sono complesse, tra Comune e Stato, ma quella struttura in pieno centro storico merita un destino migliore della desolazione in cui versa. E intanto cade a pezzi, direttamente in mezzo alla strada. (Antonio Di Lorenzo)