giovedì, 28 Marzo 2024
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Partita la campagna del Cuamm per sostenere la vaccinazione in Africa

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Don Dante: «Il nostro cuore con l’Africa e con Padova»

È da sempre un cuore grande quello di Medici con l’Africa Cuamm. Un cuore che batte forte con l’Africa. Ancor di più in questo anno di pandemia volontari, medici, infermieri ma anche operatori che si occupano di logistica o di amministrazione, sono a fianco di un continente falcidiato dai contagi, dove i vaccini arrivano col contagocce e solo in pochissimi Paesi. “Dosi dalla Cina e dalla Russia sono state distribuite nelle capitali e in grandi città, ma chissà quando potranno raggiungere le periferie, i villaggi rurali dell’ultimo miglio”, afferma don Dante Carraro, direttore di Medici con l’Africa.

medici con l' Africa cuamm vaccinazioneIn queste settimane il cuore del Cuamm batte forte anche per la città dove tutto ha avuto inizio settant’anni fa. Nei giorni scorsi il direttore del Cuamm ha incontrato il direttore generale dell’Aulss 6 Euganea, Paolo Fortuna. “Abbiamo dato la nostra la disponibilità – spiega don Dante –, mettendoci al servizio della campagna vaccinale in atto con i nostri volontari. Daremo una mano quando e dove ci sarà la necessità, nelle modalità che ci saranno in- dicate e nello stile che ci contraddistingue: lavorando insieme con gli altri”. Il Cuamm è impegnato in tutta Italia con un piano strutturato che valorizza una rete di volontari, professionisti e forma- tori sanitari collegati all’organizzazione, per affrontare la risposta al Covid-19 in chiave preventiva, con un’attenzione particolare alle comunità più fragili ed emarginate.

Nel frattempo non si fermano l’impegno e la mobilitazione per le vaccinazioni in Africa. Tra i primi sostenitori il professor Alberto Mantovani, immunologo di fama internazionale e direttore scientifico dell’Istituto Clinico Humanitas che collabora con il Cuamm e il Bambin Gesù in Centrafrica. “Tutti parlano del vaccino anti Covid, ma l’Africa non c’è.

Medici con l’Africa a disposizione dell’Ulss 6 Euganea per dare una mano, con i propri operatori, allo svolgimento della campagna vaccinale

È fuori dal radar – afferma don Dante –. Perché ci devono interessare le vaccinazioni laggiù? Perché non mandare vaccini proprio nei Paesi poveri è scandaloso. La prima ragione è di natura etica, la seconda sanitaria visto che le due varianti oggi più temute vengono proprio da lì, dal Sudafrica e dalla selva brasiliana. Davanti a un’emergenza globale, l’unica risposta possibile deve essere globale. Non ci si protegge mai da soli”. Don Dante sottolinea che la distribuzione delle dosi sta avvenendo col contagocce.

“Ci sono ancora Paesi in cui non è stato vaccinato nessuno. In Sierra Leone sono arrivate 80 mila dosi per 8 milioni di abitanti, in Mozambico 200 mila dosi per 30 milioni di abitanti. Tra le buone notizie che riempiono di speranza è che, proprio in Mozambico, sono stati vaccinati sia gli operatori sanitari locali che i nostri, senza alcuna differenza tra chi è tutti i giorni in prima linea”.

Serve, allora, un grande piano vaccinale così da trovarsi pronti. Per questo motivo Medici con l’Africa ha chiesto al presidente della Regione Veneto, Luca Zaia di poter vaccinare i propri volontari (medici, infermieri, operatori non facenti parte del SSN) entro tre mesi così da poter supportare i sistemi sanitari africani. “Covax, l’iniziativa per la distribuzione equa dei vaccini nel mondo, riuscirà a fornire il vaccino, entro la prima metà del 2021, solo al 5 per cento della popolazione africana. Finora sono stati raccolti solo 2 miliardi di dollari dei 10 necessari per avere una immunità ‘comunitaria’. Bisogna fare di più!”.

La grande sfida è, allora, quella che una dose diventi davvero “vaccino”. “Chi conosce l’Africa sa di che cosa parlo e quanto alta è la sfida. Le vaccinazioni mettono a nudo le debolezze di un sistema sanitario – aggiunge don Dante –.

Dietro ad una campagna vaccinale ci sono attività concrete. Per prima cosa il vaccino deve arrivare a destinazione e ben conservato. Dalla capitale va trasportato nei punti vaccinali, negli ospedali e poi da questi ai centri sanitari fino ai villaggi. Serve un sistema logistico che funzioni compresa la ‘catena del freddo’ che garantisca i -3/-4 gradi necessari. Ma ci sono anche cose più elementari da garantire: le siringhe, il cotone, l’alcol, credetemi, non è scontato. Poi ci vuole il personale che somministra il vaccino e che deve essere formato. Abbiamo imparato a dirlo: nessuno si salva da solo, adesso dobbiamo farlo per davvero.

Dobbiamo mobilitarci non aspettando dagli altri un gesto ma facendolo noi per primi, coinvolgendo tutti. Siamo piccoli rispetto ai grandi del mondo, abbiamo però una grande forza: possiamo essere in tanti. Ci rivolgiamo a chiunque sente sgorgare nel cuore il bisogno di una giustizia più grande, quella della solidarietà con i più poveri, dell’accesso alla salute e al vaccino per tutti, specie i più vulnerabili, i fragili della porta accanto, ma anche i fragili lontani”.

Nicoletta Masetto