A volerle leggerle tutte ci si mette un anno: non parliamo poi di discutere del loro contenuto

Le crisi economiche non sono mai democratiche.
Colpiscono duro e indiscriminatamente sì, ma esprimono una speciale virulenza nei confronti dei più deboli, dei più esposti, dei meno tutelati.
Anche stavolta a pagare il conto più salato saranno le categorie più fragili e meno tutelate: in primis donne e giovani. E se, per loro sfortuna, questi ultimi sono pure titolari di una partita Iva il conto da pagare sarà insostenibile.
“È il mercato, bellezza” verrebbe da dire parafrasando la famosa frase di Bogart (“È la stampa bellezza. La stampa! E tu non ci puoi fare niente. Niente!”) pronunciata nel finale del film L’Ultima minaccia.
Ma così non dovrebbe essere, in realtà.
I governi stanno lì proprio per disinnescare il pericolo derivante da un mercato-giungla nel quale i predatori (in genere i più forti) si aggirano pronti a fare a brani le loro prede (decisamente più deboli). E anche coloro i quali aborrono il dirigismo statale in economia, non possono non sentire la necessità di un potere che regoli in senso equitativo i sostegni da affidare a ciascuno e che, a nome di tutta la collettività tenti, ove possibile, di calmierare gli spaventosi effetti economici, finanziari e occupazionali che le crisi in genere sprigionano.
Se fossero raccolti, tutti questi decreti formerebbero un librone di ottanta chili

E in effetti, nel 2020, una reazione in Italia c’è stata.
Una reazione enorme per impegno e per massa: tra decreti, Dpcm, ordinanze, delibere, circolari, determine ecc. l’Istituto Poligrafico dello Stato e la Zecca hanno prodotto (e diffuso) 323 Gazzette Ufficiali cui si aggiungono 45 Supplementi Ordinari e Straordinari.
Complessivamente sono state prodotte ben 31.942 pagine.
A stamparle tutte si sarebbe prodotto un Moloch cartaceo del peso di 80 chilogrammi.
Quell’enorme numero di pagine contiene strumenti essenziali per battere la crisi, riteniamo.
Peccato che volendo leggere davvero tutta questa messe di norme e considerando di essere un lettore medio (non un lettore veloce, come mio figlio Alessandro) impiegheremmo circa cinque minuti a pagina (dovremmo anche comprendere, oltreché leggere). Il risultato sarebbe un tempo stimato di lettura pari a 333 giorni. Un anno di lavoro.
Il record è detenuto dall’8 gennaio 2020: in quella data il Supplemento ordinario n° 1 della Gazzetta Ufficiale (testo, tabelle e grafici ISA) era composto da ben 4.616 pagine pronte a soddisfare tutti gli appetiti di lettura di imprese, commercialisti, associazioni di categoria.
Questa massiva e alluvionale produzione di norme può essere davvero una risposta adeguata alla pandemia e alla crisi da essa derivata?
Crediamo di no.
Quella tigre di carta di 31.942 pagine contenenti norme (talune già oggi obsolete) resterà un monumento alla logorrea amministrativa, una slavina pesantissima sotto la quale ammortare ogni possibilità di ripresa.
Se il Covid sa leggere e sa leggere l’italiano incomprensibile della nostra Pubblica Amministrazione abbiamo già vinto.
Si tratta di attendere che esso fugga da solo a gambe levate. (Giuseppe de Concini)