Era un letterato raffinato, un insegnante generoso e un amministratore con visione anticipatrice
È mancato un poeta, un uomo ironico e gentile, un letterato che sapeva scavare nelle parole perché indagava nell’anima delle persone, un insegnante che regalava il suo sapere con quella semplicità e generosità che solo i grandi riescono a trasmettere. Chi ha conosciuto Andrea Pelosi, che ieri ci ha lasciato ad appena 64 anni, dopo una breve e straziante malattia, saprà ritrovare la sua figura in almeno uno di questi lampi d’ingegno che la sua poliedrica personalità distribuiva con calviniana leggerezza.
Rivestì anche responsabilità politiche a Vicenza. Avvicinatosi negli anni Ottanta all’esperienza dei dissidenti democristiani dell’Upd, l’Unione popolare democratica di Francesco Giuliari e Sante Bressan, proseguì con loro l’impegno politico, convinto che i Verdi esprimessero al meglio l’esigenza di un rinnovamento della politica. Fu uno dei fondatori del movimento a Vicenza.
Eletto in Consiglio provinciale, nella breve giunta Dal Santo (1993-1995) diventò assessore all’Ambiente. Gigi Poletto, che fu con noi suo amico e compagno di strada, e che gli succedette come assessore provinciale nel 1995-1998 con Giuseppe Doppio, ne ricorda il contributo originale e anticipatore: “Andrea, da assessore, fu promotore di provvedimenti importanti per la sostenibilità ambientale in materia di rifiuti e inquinamento idrico e atmosferico quando ancora la legislazione era lacunosa e il sistema amministrativo di tutela dell’ambiente era imperfetto. Posso dare testimonianza della sua dirittura morale, della sua passione politica, della sua competenza e della sua enorme preparazione culturale. Pensoso e ironico, Andrea era una bella persona”.
La passione civile non la abbandonò mai, tant’è che nel 2003 fu tra i fondatori di “Vicenza capoluogo” con John Giuliari, anche se magari la viveva in modo sotterraneo, perché in fondo era una persona schiva e preferiva dedicarsi all’insegnamento, come possono testimoniare tanti studenti del “Fogazzaro”.
L’ironia, che trasmetteva con battute salaci coperte da un sorriso contagioso, gli derivava dalle sue origini pisane, di cui era molto orgoglioso. Ma il suo amore era la letteratura e la poesia, che nella sua classifica personale venivano appena dopo Maria Vittoria, che assieme a noi lo piange oggi.
Andava alla radice delle cose e per questo motivo era un filologo, appassionato di Petrarca. Tant’è che dopo gli studi scientifici al “Lioy”, aveva coltivato i suoi interessi letterari sotto la guida di Pier Vincenzo Mengaldo, nume della facoltà di lettere a Padova assieme a Gianfranco Folena, con cui si laureò nel 1982 con una tesi dedicata a Petrarca e alla Canzone del Trecento. All’università ci è arrivato a insegnare, alla fine, sia pure per un breve periodo.
Da giovane voleva scrivere un romanzo, di cui aveva già in mente il titolo, “Il trasferimento”, quasi una metafora dei cambiamenti continui cui la vita ci sottopone. Non lo pubblicò mai.
Ma, vincendo la sua ritrosia, la sua sensibilità letteraria l’aveva alla fine messa nero su bianco in una raccolta di versi, “Il credito degli occhi”, dalla quale qui sotto pubblichiamo una poesia a suo ricordo. “Le sue poesie – ricorda ancora l’amico Gigi Poletto che interpreta il dolore di tutti noi, suoi amici – sono il segno di una rara capacità di sondare la complessità delle cose e la vertigine dell’animo umano”. Abbiamo perso una grande persona. (Antonio Di Lorenzo)
I terrazzi
Sono cassetti sempre in spiraglio
a sciamare l’intingolo delle sere
o le spore spore acquattate dell’alba
il ciarpame dei tetti a distesa
le guglie a scacchiera dei camini
e troneggia allora la tua attesa
il tuo viso incipriato tra nubi
repentino il tuo battito vicino
mi sventa e picchia a maglio il mio ansito.
Alcuni battono tappeti di mira
collocando polvere sui cappelli
alcuni gesticolano in fronte
a studio del tramonto aranciato
alcuni innaffiano file di fiori
per la fuga volata degli insetti
(Lui svaria per le sagome in traluce
perché gioia e dolore si intrecciano
a quei tragitti al credito degli occhi
che colorano la ragnatela dei
sentimenti prensili e sporgenti)