sabato, 1 Aprile 2023

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In vent’anni lo Stato ha incassato di più in tasse ma i suoi servizi non sono migliorati

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Sono gli enti locali a gestire buona parte delle competenze ma le loro entrate non sono aumentate

Tra il 2000 e il 2019 le entrate tributarie complessive in Italia sono aumentate di 166 miliardi di euro, passando dai 350,5 miliardi incassati da erario ed enti locali nel 2000 ai 516,6 miliardi incassati nel 2019 (Centro studi Cgia Mestre).

In termini percentuali l’aumento è stato pari al 47,4%, mentre nello stesso periodo il pil italiano ha marcato un aumento complessivo del 44,2%.

L’inflazione, sempre nel periodo considerato, è aumentata del 37%.

Come si vede, il gettito incassato da Stato e enti locali tra il 2000 e il 2019 è stato superiore sia al pil generato dal Paese, sia alla spinta inflattiva, pertanto gli incassi di Stato ed enti locali hanno registrato un aumento netto.

L’aumento delle entrate tributarie non s’è tramutato nell’abbassamento delle tasse

Ebbene, quei 166 miliardi di gettito “in più” – con tutta evidenza – non hanno comportato alcun miglioramento del funzionamento della macchina pubblica, né hanno significato aumento e/o miglioramento dei servizi offerti ai cittadini e neppure si sono tramutati in un abbassamento del livello della tassazione.

Gli ultimi dati statistici disponibili dell’Oecd (Organisation for Economic Cooperation and Development), club dei 37 Paesi più industrializzarti al mondo, rendono una fotografia impietosa nell’analisi del rapporto dell’incidenza fiscale sul pil (Revenue Statistics 2020. Tax revenue trends in Oecd).

Se ai primi tre posti (Danimarca, Francia, Svezia) vi sono tre Paesi nei quali l’organizzazione statale funziona e in modo quasi esemplare, l’Italia si situa al quarto posto con una pressione fiscale pari al 42,2% del pil.

I paesi Oecd hanno un rapporto medio imposizione/pil pari al 33,6%, ben 8,6 punti percentuali inferiore al nostro.

E lo Stato centrale, come sempre, la fa da protagonista: nel 2019, ad esempio, l’85,4% del totale del gettito tributario è finito nelle casse dello stato (441,4 miliardi di euro su un totale di 516,6).

Per contro, agli enti locali sono andate solo le “briciole” cioè il 14,6% del totale.

Giuseppe de Concini, consulente d’impresa con esperienza trentennale

Eppure, in virtù del trasferimento di funzioni e competenze avvenuto ormai quasi venti anni fa, le amministrazioni locali gestiscono oggi una quota di spesa pubblica superiore a quella delle amministrazioni centrali.

Tutto questo evidenzia un sostanziale squilibrio tra entrate e centri di spesa che fa permanere le amministrazioni locali in un endemico stato di dipendenza finanziaria dalle “coperture” centrali.

Logica vorrebbe che funzioni e competenze delegate comportassero anche la delegazione delle risorse necessarie a farvi fronte.

Ma, si sa, in Italia in nessuna materia la logica è elemento necessario.

Anzi, ben più di una forza politica guarda ancora (oggi, nel 2021) al centralismo come ad una soluzione, contraddicendo in nuce quanto previsto dai padri costituenti.

Purtroppo i dati sono difficilmente discutibili.

Se l’Italia resta la settima potenza economica del mondo lo deve alle piccole e medie imprese

Nonostante tutto, se l’Italia è e resta la settima potenza economica del mondo questo non è un risultato attribuibile né alla pubblica amministrazione né alle cosiddette grandi imprese (che in Italia sono rare), ma alla miriade di micro, piccole e medie imprese le quali, insieme ai loro collaboratori, costituiscono il nerbo economico italiano.

E che meriterebbero una tassazione inferiore e più equa.

Butto lì un’ultima considerazione: premesso che è giusto e sacrosanto pagare le tasse, se si è dimostrato nei fatti che aumentando il gettito le tasse in Italia non si abbassano, siamo certi che l’antico adagio “se tutti pagassero le tasse, esse si abbasserebbero” non possa essere, più realisticamente, tradotto in “se tutti pagassero le tasse lo Stato spenderebbe di più (e male) ed esse non si abbasserebbero per nulla”?

Come dice una celebre imitazione di Maurizio Crozza: “Ragionateci sopra”.

Giuseppe de Concini

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