venerdì, 29 Marzo 2024
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Uno scatto di Vicenza della fotografa iraniana le fa vincere un prestigioso concorso nazionale

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La fotografa iraniana vive a Vicenza da 25 anni: è anche una sceneggiatrice

La fotografa iraniana diventata vicentina d’adozione Manijeh_Moshtagh_Khorasani

Con la foto “Donna e campanile”, scattata a Vicenza vicino al “Salvi” e a San Giuliano, ha vinto il concorso “Lingua madre”, un appuntamento letterario giunto alla sedicesima edizione che ha visto finora partecipare 10mila donne. La premiazione s’è svolta qualche settimana fa al Salone del libro di Torino. È Manijeh Moshtagh Khorasani, sceneggiatrice, scrittrice e fotografa italo-iraniana. Nasce nel 1965 in Iran, dove cresce. Arriva in Italia verso i trent’anni con un visto di studio per la facoltà di medicina, ma presto si rende conto di

voler fare altro. Riscopre la scrittura, una passione che l’accompagna fin da bambina. Vive a Vicenza e scrive racconti e sceneggiature prendendo spunto dalla sua vita e dalla sua personalità, approfondendo il contrasto interiore e con l’ambiente che circonda i suoi personaggi.

Come è arrivata a vincere un concorso fotografico?

“È stata la fotografia a scegliermi. Presentando il mio racconto per il concorso letterario ho scoperto che si poteva partecipare anche ad un concorso fotografico. Ho voluto provare e ho vinto”.

La fotografia “Donna e campanile”: sullo sfondo la chiesa di San Giuliano

Cosa rappresenta lo scatto?

“È un invito alla speranza e a guardare oltre dopo questo brutto periodo, ma le interpretazioni possono essere infinite. Gyula Halász, fotografo ungherese del ‘900, credeva che la fotografia dovesse suggerire, non insistere o spiegare”.

Ha presentato anche un racconto?

“Si, “Lo sguardo oltre”. Non ha vinto ma è stato inserito nella raccolta “Antologia lingua madre 2021”.”

Da quanto tempo e perché si è traferita in Italia?

“Sono qui da circa 25 anni. Volevo studiare medicina, infatti sono entrata in Italia con un visto di studio.”

E perché non ha proseguito gli studi?

“Sono rimasta affascinata dal cinema. Ho lasciato medicina, mi sono iscritta al Dams di Bologna ma l’ho lasciato in sospeso. Ora però ho intenzione di laurearmi.”

Da donna straniera, che difficoltà ha affrontato?

“Per lo più legate alle mie origini e, nel lavoro, all’essere donna. Oggi mi sento più italiana che iraniana ma quando le persone scoprono che ho origini straniere non mi consideramo più come una persona del posto. Anche dopo 25 anni!”

Perché si tende a prendere le distanze dagli stranieri?

“I mezzi di informazione spesso mostrano le parti peggiori di molti Paesi. Se vediamo solo i drammi di alcuni Stati, non possiamo renderci conto che non è tutto come ci viene presentato.”

Ha vissuto discriminazioni di genere nel lavoro?

“Nella maggior parte dei casi, i produttori accettano più volentieri sceneggiature scritte da uomini piuttosto che da donne. Mi sono confrontata anche con altre colleghe che lavorano in Europa e

hanno lo stesso problema. Non me lo aspettavo.”

Cosa si aspettava?

“In generale una maggiore apertura mentale. Per fare un esempio, inizialmente ero una persona estroversa, ma ho dovuto rivedere le libertà che mi prendevo con le persone. Per non essere fraintesa, devo stare attenta a quanto parlo e di cosa parlo con un uomo.”

E cosa non si aspettava?

“Mi è capitato spesso di vivere di persona la gentilezza degli sconosciuti. Accade solo qui e la trovo una cosa meravigliosa.”

Lei è sposata?

“Si, con la mia arte. Ed è molto gelosa di me”.

Cosa fa oltre a scrivere sceneggiature?

“Lavoro come traduttrice per aziende del vicentino e per diverse manifestazioni tra cui il festival del cinema di Venezia.”

Si mangia con la sceneggiatura?

“È molto difficile riuscirci. Un conto è scrivere una sceneggiatura, un altro è vederla realizzata. Io per ora ne ho solo scritte.”

Le manca l’Iran?

“Guai a chi parla male dell’Italia, ma quando torno in Iran non vorrei più andarmene… Dopo un po’, però, l’Italia comincia a mancarmi troppo e quindi eccomi di nuovo qui.”

Roberto Meneghini