Bagnoli di Sopra, la polemica. Fa discutere il progetto sui terreni ex Attiva, agricoltori contrari, il sindaco pure
No su tutta la linea al parco fotovoltaico da 40 ettari a Bagnoli, nelle aree ex Cosecon, in zona Moraro, acquisite all’asta da una azienda milanese, la Chiron Energy. Si tratta del più esteso impianto fotovoltaico della provincia di Padova portato avanti da una multinazionale e la prima battaglia la fa il neopresidente di Cia Padova, Luca Trivellato, per la salvaguardia dei terreni agricoli. “Da sempre ci battiamo per difendere il suolo – commenta lo stesso Trivellato – L’iniziativa del mega parco è contro ogni nostro principio”. A tale proposito, il presidente ricorda che ancora anni fa Cia aveva proposto di fare di quei terreni, dove dovrebbero essere installati migliaia di pannelli fotovoltaici, una “Banca della Terra” a favore dei giovani agricoltori, come previsto da una specifica legge regionale del 2014. “Si tratta – sottolinea – di una normativa funzionale alla valorizzazione delle terre incolte ed abbandonate, come appunto nel caso specifico di Bagnoli, al fine di facilitare il reperimento sul mercato fondiario di superfici per l’avviamento di nuove imprese agricole”.
Stando a quanto stabilito dalla norma, “le attività di censimento ed inserimento dei terreni abbandonati o incolti nella Banca della Terra veneta sono direttamente demandate ai Comuni, i quali devono assicurare il processo di identificazione dei terreni”. Tuttavia, a Bagnoli questa lungimirante progettualità non è andata a buon fine. “Di certo il fotovoltaico a terrà non rappresenta la soluzione giusta per quei terreni, nonostante abbiano una destinazione d’uso di tipo industriale”.
Questa la risposta del sindaco Roberto Milan: “Purtroppo o per fortuna sono terreni di una società (fallita) industriali, non urbanizzati, ma coltivati. Il progetto della Banca della Terra invece si occupa di terreni abbandonati o incolti. Gli ex terreni della Cosecon erano dati in concessione ad un privato tramite bandi ad evidenza pubblica ai quali nè Cia, nè nessun altro tesserato Cia sembra si sia proposto. Ma sicuramente non sono né incolti, nè abbandonati. 40 ettari a destinazione industriale, l’unica disponibile della ZI. E ben difficilmente un comune riesce a variare la destinazione in agricola senza la volontà del privato, senza incorrere in danno al privato e quindi senza il rischio di un danno con il pagamento della diminuzione del valore.
Mi sono battuto personalmente affinché i terreni, quando venivano affidati con un bando, venissero dati a disoccupati o giovani agricoltori. Ma nessun altro ha mai partecipato al bando”.
Cristina Lazzarin