venerdì, 29 Marzo 2024
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Vicenza, a San Giuseppe una lunga fila di vicentini porta aiuti al centro raccolta per l’Ucraina

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Scout, giovani e molti cittadini dell’Ucraina che vivono a Vicenza accolgono i pacchi destinati agli assediati

Un’immagine dei pacchi di pannolini arrivati a San Giuseppe da un deposito di Torri di Quartesolo
Un momento della confezione dei pacchi destinati ai camion diretti in Ucraina

L’Ucraina si trova a Vicenza, esattamente nello slargo del patronato della parrocchia di San Giuseppe al mercato nuovo. Una volta su quel cemento si giocava a pallacanestro, retaggio degli anni Settanta quando la chiesa-astronave (ultimo progetto del duo Ortolani-Cattaneo che firmò progetti importanti nella Vicenza del dopoguerra) fu costruita. Ora di quel campo sono rimasti solo i pilastri, spogliati anche dei ferri rotondi ai quali appendere i sogni di imitare Michael Jordan o Larry Bird. Cambiano i tempi, oggi tanti giovani sognano masterchef e non di diventare Lebron James. Adesso lo spazio dell’ex campo da basket è occupato da un continuo andirivieni di auto – ne ho contate una ventina in neanche un’ora – che consegnano pacchi per l’Ucraina.

Il centro organizzato a San Giuseppe ha già spedito in tre giorni due camion di aiuti in Ucraina

Due scout in piena attività: gli scout di San Giuseppe del Vicenza 1° si sono mobilitati immediatamente

Da tre giorni la comunità ucraina s’è mobilitata e ha organizzato vicino agli oblò della chiesa di San Giuseppe un centro raccolta viveri, indumenti, medicinali e tutto quanto possa servire a sopravvivere all’attacco russo. L’importante è che tutto sia a lunga scadenza. È San Giuseppe il loro riferimento, perché in quella parrocchia lavora padre Vasyl Kyshenyuk, responsabile della comunità greco-cattolica nel Vicentino, che peraltro si ritrova a Valdagno per le celebrazioni.

All’iniziativa hanno dato il loro sostegno la protezione civile di Vicenza (portavoce è Roberta che alle cinque del pomeriggio spiega che è lì da otto ore) e gli scout del Vicenza 1°. Tanti di loro, peraltro assieme a molti coetanei senza fazzoletto al collo si danno da fare con una velocità ed energia impressionante. È un piccolo esercito di giovani e moltissime donne. Sono all’incirca 4000 gli ucraini in provincia di Vicenza, dei quali mezzo migliaio a Vicenza: di questi per l’80% si tratta di donne che lavorano soprattutto come badanti e colf. Molte di loro, si sente da come parlano, affollano il cortile di San Giuseppe. Assieme ai giovani, le donne accolgono le persone che portano pacchi, chiudono scatoloni, stipano le auto all’inverosimile. Quei pacchi, che possono significare la salvezza per tanti, tantissimi assediati saranno consegnati dalle auto a un centro maggiore: qui andranno a riempire i camion diretti in Ucraina. Ne sono già partiti due, spiegano gli organizzatori, e vista la velocità degli arrivi, saranno solo i primi di una serie.

È naturalmente l’ucraino la lingua che si sente parlare. Molti dei giovani sono figli di immigrati, rappresentano la seconda generazione. Si tratta di persone, molti sono cittadini italiani, che si sono messi in ferie o in permesso dal loro lavoro e stanno aiutando l’organizzazione spontanea.

Un incredibile afflusso di persone, semplici vicentini, affolla il piazzale di San Giuseppe

Padre Vasyl Kyshenyuk, riferimento degli ucraini cattolici a Vicenza

È incredibile l’afflusso di persone, semplici cittadini, che portano il loro contributo. Il clima è diverso rispetto a trent’anni fa, quando la guerra era davvero dietro casa, in Slovenia prima e soprattutto in Croazia poi. Per carità, la solidarietà vicentina fu ugualmente tangibile. Si mossero le istituzioni (va ricordato lo sportello Vicenza Osijek con Ubaldo Alifuoco o la mobilitazione per Sarajevo con Sante Bressan) ma furono iniziative, senz’altro utilissime, ma soprattutto di enti. A San Giuseppe, invece, si vedono i vicentini che si sono mossi per conto proprio, motivati solo dall’orrore di una guerra assurda come quant’altre mai.

Se provate a chiedere di cosa c’è bisogno, i coordinatori glissano sul cibo e gli indumenti e chiedono soprattutto prodotti per bambini, a cominciare dai pannolini, e naturalmente tutto quello che è sanitario. In particolare, spiega padre Vasyl, c’è bisogno di prodotti emostatici, di garze e di tutto ciò che serve a curare le ferite. Intuibile. Ma anche la tachipirina è benvenuta. Il calvario purtroppo è sempre un luogo di sangue. Sempre fratricida, anche se magari i torturatori non se ne rendono conto.

Antonio Di Lorenzo