martedì, 16 Aprile 2024
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Treviso, l’analisi sui giovani del Centro della famiglia

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Centro della Famiglia di Treviso. L’analisi di Bordignon, direttore del Consultorio, e della psicologa Gallo.

C’è un malessere sempre più diffuso fra i giovani, che negli ultimi mesi in città è esploso nel fenomeno del “branco”. Perché succede? Perché proprio ai giovani? Cosa devono e possono fare le famiglie? E ancora, di chi è la responsabilità? “Prima di tutto va chiarito che quanto sta accadendo non è un fenomeno trevigiano, ma una situazione che si sta sviluppando da tempo nel mondo occidentale e qui, nella dimensione di una piccola città, si sta palesando soprattutto in questo periodo anche a seguito di un fatto storico, qual è stata la pandemia, che è diventata l’occasione per velocizzare dei processi e ha fatto emergere delle complessità. Se non fosse successo ora, sarebbe successo a breve”, afferma Adriano Bordignon, direttore del Consultorio del Centro della Famiglia.

Adriano Bordignon, direttore del Consultorio del Centro della Famiglia di Treviso: “dobbiamo appassionarci alla crescita dei giovani”

Una situazione e un tema che a suo avviso “vanno posti al centro dell’attenzione non in senso emergenziale o protetti vo, ma perché i giovani sono il patrimonio di una comunità, il patrimonio del presente e del futuro”. In termini di investimento, secondo Bordignon è necessario fare in modo che i nostri bambini prima e i nostri ragazzi e giovani poi crescano nel modo migliore possibile. Per loro stessi e per la comunità in cui vivono. “Dobbiamo appassionarci alla loro crescita e non sentirci scomodati”, dice.

Il direttore del Consultorio dal suo punto privilegiato di osservazione spiega che i giovani “stanno vivendo un momento complesso, perché l’età della giovinezza è di per sé una transizione, una rottura, un cambiamento, una ricerca di nuove strade differenti da quelle del le generazioni precedenti, ma oggi, in un’epoca di crisi e di un percorso che non è più in continuità, è emersa una difficoltà che riguarda i giovani nel proprio ecosistema”. Poi c’è la socializzazione via internet di fatti, eventi e pensieri, che rende maggiormente evidenti questioni che nel passato restavano sotto traccia. Compresi i fatti gravi, la violenza e la mancanza di rispetto. Tutto c’era anche una volta, prima dei social.

“In tema di comunicazione – afferma Bordignon – oggi vanno sotto lineati due aspetti di cui tenere conto anche dal punto di vista educativo: l’effetto cassa di risonanza, che porta all’emulazione, e il concetto di riparabilità. Le generazioni del passato avevano ben presente che certe azioni erano irreparabili, mentre oggi l’esperienza del gaming, dell’avere tante vite e di poter ripartire con il gioco da capo è entrato cultural mente nella loro testa”. Online e onlife si sovrappongono e si confondono.

Veronica Gallo, psicologa del Centro della Famiglia di Treviso: “a preoccuparci di più è il grido dei giovani che non parlano più”

Per Veronica Gallo, psicologa e psicoterapeuta del Consultorio, quello che sta accadendo è un grido di aiuto. “Ma a preoccuparci maggior mente è il grido soffocato di quei giovani che si sono ritira ti socialmente e non parlano più. La pandemia – spiega – è stata un acceleratore, che ha tolto gli spazi vitali che c’erano, che contenevano e davano risposte. E ha fatto emergere una comunità di adulti che non sono più quelle figure a cui un adolescente può ambire, per ché senza sogni”.

Come dire: il problema non sono i giovani, siamo noi. “Il contrasto con i genitori nel passato faceva bene e faceva crescere, ma oggi – aggiunge Bordignon – siamo di fronte a genitori spazzaneve, che preparano sempre le migliori condizioni per ogni cosa e non ti aiutano a fare il salto”. Infine, la comunità. Che deve creare le condizioni in cui i più giovani possano sperimentarsi. “Hanno tanto bisogno di esperienze in cui provare i propri talenti, anche esperienze ricche sul piano umano. E per farlo c’è la necessità non di singoli adulti credibili, ma di una comunità credibile”.

Sara Salin

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