Al primo festival di Vicenza presentati 70 vini ma anche formaggi e perfino le splendide cozze di Pellestrina
Chissà se gli organizzatori dell’incontro, i fratelli Alver e Gianluca Baratto, con la loro iniziativa “Degusteremo” organizzata a villa Cariolato da Remo, si sono resi conto di aver gettato il seme di un avvenimento che mancava a Vicenza (e per il quale ho sempre fatto il tifo, nel mio piccolo): vale a dire aver dato vita a un festival dell’enogastronomia vicentino.
Passeggiando nel giardino, dove sono state allestite una trentina di postazioni per le aziende di vino, giunte perfino dall’Alsazia e dalla Champagne, ma anche per i formaggi, per la degustazione del risotto e delle cozze “Mitilla” di Pellestrina, i due fratelli non facevano altro che smussare l’orgoglio e gettare acqua sul fuoco del facile entusiasmo che può accendersi: “Si poteva fare di più, ma non abbiamo voluto esagerare. Come prima volta va bene”.
Ma è l’idea quella che conta, alla quale ha portato il suo contributo Giovanni Veronese, erudito di storia veneziana come pochi e giornalista che ha gestito le relazioni pubbliche dell’evento. Radunare un bel gruppo di produttori di vino, in buona parte vicentini ma anche ad ampio raggio, fino alla Francia e all’Etna, mettere insieme il caseificio di Villaga Sapori di Montegnago che ha reinventato il Pegorin d’un tempo, chiamare Lorenzo e Genny Busetto che hanno visto la loro cozza Mitilla essere promossa da Forbes tra i 100 tesori del gusto in Italia, vuol dire avere coraggio e darsi da fare per il Vicentino oltre che, ma questo è ovvio e anche legittimo, per se stessi. C’è solo da augurarsi che l’iniziativa prosegua e si allarghi, perché i vantaggi sono per tutti. L’affluenza è stata ampiamente soddisfacente, tenendo conto della giornata assai calda.
Almeno per riassunto e accenni, vediamo qualche protagonista della giornata.
Dalla Champagne è giunta la famiglia Landreat, cantina che ha oltre un secolo di vita ma Philippe, l’attuale titolare che dà il nome al vino, ha iniziato a lavorare a 17 anni nel 1985 e a produrre champagne nel 1992.
Si trovano a Vertus, nella Marna, precisamente nella Blanc Coteaux, non lontano da Le Mesnil sur Oger. Produzione di 11mila bottiglie, a Vicenza erano presenti Christine e Julien, moglie e figlio di Philippe. Hanno anche un’altra figlia, Melissa. Il suo champagne tradizionale, portato in degustazione, è un 20% di pinot nero e 80% di chardonnay.
All’altro capo geografico ci sono i vini dell’Etna di Antonino Destro, che ha acquistato un’azienda nel Comune di Randazzo attiva dal 1897 i cui terreni si trovano a 750 metri di altezza. Sono 75mila le bottiglie prodotte di un vino vulcanico che fa sentire la mineralità dell’Etna nel bicchiere. Il suo bianco l’ha battezzato Isolanuda: è il nome che dà alla Sicilia lo scrittore Gesualdo Bufalino.
Torniamo a nord nell’Europa per segnalare Jean Claude Koehler, con i suoi riesling e gewurtztraminer speciali: l’azienda si trova a Westhalten, all’inizio della strada dei vini alsaziani, anzi come la chiamano loro la “Vallée Noble”.
Sul fronte locale, da segnalare Alessandro Pialli, 45 anni, al timone dell’azienda di famiglia a Barbarano: tra le 15 e le 20 mila le bottiglie prodotte, tra cui da segnalare l’eccellente “Ombra d’ambra“, quasi un orange wine ottenute con la macerazione sulle bucce.
Daniele Piccinin di Muni, 42 anni, presenta – fra gli altri – un metodo classico che resta due anni a fermentare. Non usa zuccheri o liquer d’expedition ma il proprio mostro. Settemila le bottiglie prodotte.
Sul fronte veronese, oltre alla blasonata cantina Anselmi, presente con Lisa figlia di Roberto, c’è Sandro De Bruno, nome conosciuto tra i durellisti, che non si stanca di ripetere il suo mantra: “La durella è un’uva che dev’essere trattata con i guanti, non è una chardonnay qualsiasi”.
A proposito di bollicine, spostandosi idealmente più a nord si trova l’Abate Nero. Bollicine di prestigio affidate a Roberta Lunelli (nessuna parentela con gli omonimi del Ferrari) e all’enologo Roberto Sebastiani, per una produzione di 70mila bottiglie.
Dal Trentino al Basso Vicentino, con la simpatia di Angelo De Pieri e le sue etichette dedicate a gesti atletici. La più famosa è La rovesciata, ispirata a Pelè e non a quella di Silvio Piola resa celebre dalle figurine Panini (per chi se le ricorda), ma poi c’è una bottiglia per ogni impresa sportiva: La scalata (alpinismo), La volata (ciclismo), Il diritto (tennis) e sta per arrivare Lo sboccio perché anche le bocce sono uno sport.
Dal canto suo Davide Pillan è ambasciatore di Serafini & Vidotto dei quali propone il celebre Phigaia, stavolta in versione bianco, e il superlavito Rosso dell’Abbazia ben noto agli esperti.
Tra i vari appassionati presenti, tra cui Paolo Poggiana (enopasticcere) e Filippo Galeazzo (enofiorista) sul prato c’è stato spazio anche per produttori di cibi. Due in particolare meritano una segnalazione. I primi sono i fratelli Genny e Lorenzo Busetto, 47 e 38 anni, tre figlie l’una e uno l’altro, che a Pellestrina producono “Mitilla” di cui abbiamo detto sopra che Forbes s’è innamorato. Sui loro 16 filari crescono 5mila quintali di cozze, vale a dire 19milioni di pezzi. Loro tendono a restringere la produzione per puntare sulla qualità.
Sull’altro versante esemplare è il caseificio di Villaga “Sapori di Montegnago”, affidato a tre casare: Michela, Anna, Elisa. Fondato da Michela nel 2012, tre anni fa Anna ed Elisa si sono aggiunte all’impresa. Fra i 40 formaggi che producono, da sottolineare il “Pegorin”, formaggio di pecora che è una grande tradizione vicentina.
Antonio Di Lorenzo