giovedì, 28 Marzo 2024
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A Treviso c’è una vera Affittopoli? L’eco sulla assegnazione delle case popolari non si spegne

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Inchiesta case popolari a Treviso. Corruzione e abuso d’ufficio i capi d’imputazione, indagate trenta persone fra cui dipendenti comunali.

inchiestaTreviso è una realtà particolare nella quale le cose magari non si strillano, ma si bisbigliano e dove l’eco di quel bisbigliare può durare a lungo e produrre molti più effetti di uno scontro frontale con tutte le ricadute del caso. L’inchiesta che ha coinvolto Ca’ Sugana, in questo senso, non fa eccezione. La cronologia dei fatti è molto semplice, ma l’accertamento delle responsabilità, in capo ai tecnici e alla politica, ancora tutti da dimostrare. Andiamo con ordine.

La denuncia di alcuni cittadini di Treviso: case popolari assegnate ai “soliti noti”

Siamo nel 2021, per l’esattezza, in giugno. Alcuni cittadini si recano presso il Comando Provinciale dell’Arma dei Carabinieri a presentare una denuncia. La contestazione? Le case popolari gestite direttamente dal comune e non da Ater verrebbero assegnate dagli uffici di Ca’ Sugana ai “soliti noti” e a parenti e amici degli stessi in cambio di quattrini e gioielli. Un’accusa, questa, molto pesante di per sé che acquisisce contorni ancora più esasperanti in una fase storica nella quale crisi economica e problema casa sono ai massimi livelli. Come dire: oltre alla corruzione viene anche spezzato volgarmente e violentemente qualsiasi patto sociale tra amministrazione pubblica e cittadini.

Formalizzate le ipotesi di reato a carico di trenta persone

Dopo circa un anno di indagini condotte del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale dei Carabinieri, guidati dal Tenente Colonnello Giovanni Mura e coordinati dal Pubblico Ministero Gabriella Cama sono state formalizzate le ipotesi di reato a carico di trenta persone. I capi di imputazione sarebbero corruzione e abuso d’ufficio. L’indagine condotta sembra si sia avvalsa anche di supporti tecnologici, quali intercettazioni telefoniche e ambientali anche se dagli inquirenti, come normale che sia, si mantiene l’assoluto riserbo.

Tra le trenta persone coinvolte, questo però è già noto, ci sono anche dirigenti, funzionari e impiegati dell’ufficio del Comune di Treviso. Gli altri indagati, a quanto trapela, sarebbero figure terze alle quali è contestato un ruolo da intermediari tra, appunto, gli uffici e i beneficiari delle assegnazioni. Con la formulazione dei capi d’accusa, ovviamente, sono scattate anche le perquisizioni e i sequestri dei computer dei dipendenti comunali.

I dubbi

La luce su tutta questa vicenda è ben lungi, però, dall’essere fatta. Il sindaco Mario Conte ha, come si usa fare in questi casi, assicurato massima collaborazione alla Magistratura, il dirigente dell’ufficio sotto inchiesta è stato spostato e il Consiglio Comunale ha approvato un documento bipartasan con il quale si auspica venga fatta piena chiarezza e si esprime solidarietà ai dipendenti comunali vittime, visto che i reati contestati non sono stati ancora accertati, di quella che viene definita, forse con una certa disinvoltura, “gogna mediatica”.

La questione fatta, come detto, di mille bisbigli e pochi pronunciamenti se non quelli formali racchiude al proprio interno molti interrogativi e di questo si bisbiglia nei salotti e all’aperitivo. Il primo bisbiglio, evidentemente, riguarda la colpevolezza o meno degli indagati. Il secondo, di natura maggiormente politica, potrebbe, invece, avere una rilevanza, certamente non giuridica, ma forse elettorale. La domanda che in molti, sempre a bassa voce, si pongono è: ma se all’amministrazione del Comune di Treviso è stata notificata la denuncia molti mesi prima della formalizzazione dei capi d’accusa, perché quei dirigenti e quei funzionari non sono stati immediatamente spostati? E sopratutto, pur a denuncia avvenuta e a spostamento non effettuato, hanno continuato a comportarsi per le assegnazioni come hanno sempre fatto?

La questione potrebbe anche uscire dalle aule dei tribunali e approdare sui banchi della politica

Magari non è nulla di che. Magari è una prassi. Magari, visto che l’indagine era in corso, non si potevano muovere troppo le acque. Però se dovesse emergere, cosa che nessuno si augura, che questi dipendenti pubblici effettivamente hanno assegnato case non ai più bisognosi ma a chi dava loro in cambio soldi e gioielli. E se dovesse emergere che il Comune era informato che, effettivamente, esistevano dubbi di questa natura e non ha tolto da quella posizione chi potenzialmente perpetrava e probabilmente ha continuato a perpetrare quei reati, tutta la questione potrebbe anche uscire dalle aule dei tribunali e approdare sui banchi della politica. Staremo a vedere. Intanto, in una città di poche parole come Treviso, questi bisbigli continuano. (m.b).

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