sabato, 20 Aprile 2024
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Venezia, stanziati 6,1 milioni per il ripristino di Riva Sette Martiri

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La Giunta approva lavori per 6,1 milioni per il ripristino e consolidamento di Riva Sette Martiri. Brugnaro: “Continuiamo a prenderci cura di Venezia e a risanare i danni dell’acqua alta del 2019”

La Giunta comunale ha approvato, su proposta del sindaco Luigi Brugnaro, il progetto definitivo, comprensivo di quello di fattibilità tecnico economica, per il ripristino dei danni derivanti dall’acqua alta eccezionale del 2019, in prosecuzione agli interventi già completati e che andranno ad interessare la messa in sicurezza, il consolidamento, il marginamento e il ripristino della pavimentazione di Riva Sette Martiri a Venezia.

Nello specifico si prevedono lavori per un totale di 6,1 milioni di euro, finanziati dai contributi statali, che serviranno per restaurare circa 370 metri di riva, il tratto che si estende dal ponte della Veneta Marina al ponte di S. Domenego sul rio di S. Isepo, mediante il ripristino dei rivestimenti in pietra d’Istria, il restauro delle rive d’acqua, il consolidamento dei sottofondi e il ripristino delle pavimentazioni in Trachite e porfido per tutta l’estensione della riva.

Su questo tratto di riva, proprio a causa delle mareggiate del 2019, si sono verificati crolli parziali dei rivestimenti in corrispondenza della parte bassa dei muri di sponda, che hanno perso una parte consistente dei blocchi in pietra che costituiscono le gradinate. La listolina in pietra di sommità della banchina presenta un esteso dissesto dei blocchi, che va dalla lesione da urto fino alla frattura passante, con perdita di parte del blocco. Per quanto riguarda invece la pavimentazione, questa presenta una diffusa perdita di planarità dei piani di posa generando dei locali dissesti e sconnessioni degli elementi lapidei, con locali perdite di gruppi di cubetti in corrispondenza del porfido posato a coda di pavone, sostituiti poi da rappezzi in malta cementizia.

Il progetto

L’intervento di progetto della Riva dei sette Martiri è inquadrabile essenzialmente come manutenzione e restauro conservativo della grande opera, per la prima volta in maniera organica, a meno di cento anni dalla sua messa in servizio. Nello specifico si procederà quindi con interventi sulla parte superiore del muro di marginamento con le sue rive a gradonata, sulla pavimentazione nelle sue tre differenti tipologie. Lavori che inizieranno nel prossimo inverno e che verranno svolti garantendo sempre il passaggio di pedoni. Dal punto di vista del cronoprogramma di cantiere si procederà con l’installazione delle opere provvisionali necessarie alla messa in asciutto della parte superiore del muro di sponda per poi procedere con la sua manutenzione e il suo ripristino strutturale, il restauro delle listoline in pietra e delle rive d’acqua ed infine con il ripristino della pavimentazione.

Dopo aver approvato nella scorsa Giunta i lavori di consolidamento delle rive alle Zattere e alla Giudecca per un totale di 1 milione di investimenti – commenta Brugnaro – oggi procediamo ad avviare l’iter amministrativo per la realizzazione di un altro importante intervento che dimostra l’impegno di questa Amministrazione nel proseguire il lavoro iniziato già all’indomani di quella catastrofica acqua alta che ha colpito la città nel novembre 2019. E sono i numeri a dimostrare con quanto impegno stiamo operando: ad oggi sono state ultimate e rendicontate agli organismi competenti opere pubbliche per oltre 52 milioni di euro e, dopo aver assicurato a tantissimi cittadini, per la prima volta nella storia di Venezia, gli indennizzi per i danni subiti nelle loro case, abbiamo il dovere di continuare con l’attività ‘post emergenza’ e procedere con interventi, anche strutturali, volti alla riduzione di futuri rischi.

Ecco perché – prosegue Brugnaro – siamo pronti ad iniziare questo importante intervento che sarà finanziato con un altro importante pacchetto di investimenti per un ammontare di circa 62,7 milioni di euro, già autorizzati dal Dipartimento della Protezione Civile. Venezia si prende cura della sua storia e in questo caso interviene per consegnare alle future generazioni un’opera frutto dell’ingegno dei nostri antenati. Quelle foto in bianco e nero e quei cassoni di cemento che galleggiano sull’acqua ci dimostrano quanto coraggio, anche in passato, c’è stato nel prendere decisioni importanti per la salvaguardia della città”.

La costruzione storica di Riva Sette Martiri

Dal punto di vista storico, la costruzione di Riva dell’Impero, poi diventata Riva Sette Martiri, iniziò in seguito al cedimento della banchina all’altezza della chiesa di San Biagio, avvenuta nel 1932. Un episodio che portò alla decisione di intervenire sull’area, allargando contestualmente la riva e prolungandola fino ai Giardini Pubblici. Il progetto prese ben presto la forma di una grande opera. La parte più cospicua dell’allargamento era quella relativa al tratto compreso fra l’imbocco di via Garibaldi e i Giardini, su cui si affacciava la Marinarezza, alcuni squeri e la palazzina Canonica, quest’ultima eretta nel 1911 come dimora-studio dello scultore Pietro.

Il tratto doveva essere rettilineo, cosa che unitamente ad un fondale posto a circa 10 metri sotto il medio mare avrebbe permesso l’attracco di navi di grandi dimensioni. Si utilizzò pertanto come riferimento il filo determinato dalla facciata della palazzina Canonica, che si affacciava direttamente sul bacino, spostando il margine del nuovo muro di sponda a 20 metri da quest’ultima. Il sistema costruttivo scelto, vista l’ampiezza del nuovo muro e la profondità dei fondali, fu quello dei cassoni galleggianti di calcestruzzo armato, che venivano prodotti da un grande impianto posizionato presso il rio de la Tana. Da qui venivano rimorchiati, messi in posizione (previo scavo dei fondali con la draga) ed affondati uno accanto all’altro per creare l’allineamento della nuova fondamenta. Alle loro spalle la grande fossa rimasta fra i cassoni e la vecchia riva venne colmata con terra, poi compattata. La sommità dei cassoni venne completata con un muro continuo in calcestruzzo, rivestito in corsi di pietra d’Istria, montati a paramento ed usati anche come casseri per il muro stesso. Sulla sommità venne posta una listolina in blocchi di pietra d’Istria.
La pavimentazione, così come descritta nel verbale di consegna delle aree del 1937, consisteva in due campi di masegni di trachite, posti ai due estremi della fondamenta, e collegati fra loro da una fascia di 3,85 metri, sempre in masegni di trachite, lungo tutta la fondamenta. La restante pavimentazione era in ghiaietto bitumato dello spessore medio di 4 centimetri.

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