Un libro da leggere e assaporare lentamente, come quando si assapora il paesaggio del Delta del Po

E’ stato presentato all’Ostello dell’Amolara di Adria il nuovo libro di Simone Martinello dal titolo “Dove la ghiandaia non osa volare”, edito dalla casa editrice Manni. Il poeta ha dialogato con Sandro Marchioro dell’associazione culturale Rem.
Si tratta probabilmente del libro della maturità del poeta di Rosolina, a trent’anni di distanza dall’esordio. La lingua poetica è profonda, musicale; i temi spaziano dalla dimensione intima e personale all’universalità, confrontandosi con i grandi della tradizione, come Emily Dickinson, Eugenio Montale, san Paolo, san Francesco, i miti greci. Una poesia che sorprende il lettore, svelandosi gradualmente attraverso una sapiente esattezza e linearità.
Un libro da leggere e assaporare lentamente, come quando si assapora il paesaggio del Delta del Po. Tra le immagini del libro spiccano il volo degli uccelli, la spiaggia solitaria, i luoghi magici e appartati del Delta come il faro di Pila o i sentieri silenziosi di Caleri. Le scene sono cariche di un’intimità che ha radici nella vita contadina.
La lingua della poesia punta all’essenza delle cose, all’essenza della storia ed è quello che succede, per esempio, nel testo che apre la raccolta “Il senso di un abbraccio”, in cui troviamo il commovente dialogo a distanza tra la voce del poeta e quella del nonno mai conosciuto da Simone, Antonio, finito in un lager tedesco “anima che vive in memoria”.
Giacomo Leopardi nelle “Operette morali” scrive un Elogio degli uccelli in cui leggiamo come queste creature si distinguano da tutti gli altri esseri viventi perché “sono di natura meglio accomodati a godere e ad essere felici. Primieramente, non pare che siano sottoposti alla noia. Cangiano luogo a ogni tratto; passano da paese a paese quanto tu vuoi lontano, e dall’infima alla somma parte dell’aria, in poco spazio di tempo, e con facilità mirabile; veggono e provano nella vita loro cose infinite e diversissime; esercitano continuamente il loro corpo; abbondano soprammodo della vita estrinseca”.
Per Martinello gli uccelli rinviano certamente all’idea di una felicità naturale, primitiva, immediata, che da sempre stimola la nostra immaginazione, ma sono anche il simbolo di una proiezione spirituale, di uno slancio connaturato all’esperienza di ogni uomo, sono messaggeri di un oltre. In alcuni punti, la poesia di Martinello sembra farsi meditazione filosofica, interrogandosi laicamente sulla possibilità residua del senso, senza chiudersi del tutto ad una prospettiva di speranza, come la giovane ghiandaia marina che “non s’arrende al mulinello / feroce agguato del vento”.