martedì, 16 Aprile 2024
HomeVenetoAttualitàEmergenza siccità, Legambiente Veneto: “Dobbiamo recuperare il tempo perduto con un cambio...

Emergenza siccità, Legambiente Veneto: “Dobbiamo recuperare il tempo perduto con un cambio di passo”

Tempo di lettura: 2 minuti circa

La riflessione di Luigi Lazzaro, presidente di Legambiente Veneto, sulla situazione di allarme idrico in Veneto

La crisi idrica non molla la presa in Pianura Padana, con fiumi e laghi alle quote minime. La scarsità di pioggia (17 millimetri soltanto a marzo, contro la media mensile di 65, e ad aprile non sta certo andando meglio) sta mettendo in ginocchio l’agricoltura e il presidente del Veneto, Luca Zaia, il mese scorso ha firmato un’ordinanza regionale che invita i cittadini a evitare gli sprechi d’acqua e a predisporre piani di emergenza per l’approvvigionamento. Secondo le parole del presidente veneto, servirebbe dunque un piano d’azione che consisterebbe nel ripulire gli invasi alpini, rendere le cave di pianura dei bacini veri e propri, ottimizzare la rete di distribuzione per l’agricoltura rispetto all’attuale colabrodo che comporta la perdita del 70-80% di risorsa idrica. Ne abbiamo parlato con Luigi Lazzaro, presidente di Legambiente Veneto.

Crisi idrica. Come ovviare al problema e in che tempi?

“La situazione è davvero critica. Non siamo intervenuti in tempo e ora dobbiamo efficientare velocemente, accelerando i tempi. Abbiamo pensato a trovare modi per incanalare e far defluire l’acqua verso mari e laghi, senza pensare a come gestire davvero questa risorsa che potrebbe invece comunque essere recuperata. Stiamo parlando di circa 22 miliardi di metri cubi di acqua che potrebbero essere recuperati, depurati e disposti per tantissimi usi, tra cui quello agricolo. Serve dunque mettere in campo un piano, magari facendo ricorso anche al Pnrr per attuare questi interventi, puntando a un cambiamento in tempi magari non brevissimi ma comunque ristretti”.

Un problema attuale con radici lontane. Come affrontarlo?

“Non possiamo semplicemente pensare di costruire nuovi invasi per la raccolta delle acque, perché il deficit pluviometrico è allarmante e come riempiremmo i nuovi invasi? Sarebbe bene piuttosto intervenire sugli invasi che già ci sono con un’attività di manutenzione, aumentandone la capacità. Serve ragionare nello straordinario, e a questo siamo stati abituati negli ultimi anni. Ma serve anche un cambio di passo nell’ordinario”.

Si sente parlare spesso ultimamente del ricorso a dissalatori. Cosa ne pensa?

“In alcune zone, come nel Delta del Po, si è già fatto ricorso a questa pratica, ma per un utilizzo legato a una carenza momentanea. Sicuramente possono aiutare, ma hanno costi importanti e richiedono un grande dispendio energetico che a lungo andare non aiuterebbe. Inoltre, nel trattamento restano dei reflui, dei fanghi, che poi vanno smaltiti. C’è poi anche da tenere presente che, proprio anche nel caso del Delta del Po, l’acqua desalinizzata era sconsigliata agli ipertesi, perché presentava comunque alti contenuti di salinità e in Italia abbiamo una percentuale importante di cittadini con questi problemi che sarebbero quindi esclusi dal privilegio dell’utilizzo di questa risorsa. Dissalatori sì, dunque, ma soltanto nell’emergenza: non possono essere la soluzione”.

Le più lette