venerdì, 29 Marzo 2024
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Intitolato al magistrato Pavone il centro anti mafia di Dolo

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La cerimonia d’intitolazione si svolta con la presenza del ministro della giustizia Carlo Nordio che è stato collega di Pavone in Procura a Venezia

E’ stato intitolato a Francesco Saverio Pavone il Centro di documentazione e d’inchiesta sulla criminalità organizzata nel Veneto, inaugurato tre anni fa all’interno dell’ex sede del Tribunale. La cerimonia d’intitolazione si svolta con la presenza del ministro della giustizia Carlo Nordio che è stato collega di Pavone in Procura a Venezia. “Un magistrato come ce ne sono pochi – ha ricordato Nordio- che lavorava senza mai fermarsi con impegno e competenza. Magari non avevamo le stesse idee politiche ma questo non cambiava il nostro rapporto che era improntato al massimo rispetto”. Con il “Centro Pavone” il Comune di Dolo ha voluto ricordare a tutti la figura di un magistrato che ha segnato la storia recente della lotta alla criminalità.

Maurizio Dianese, presidente del Centro Pavone ha ricordato che “oggi più che mai ci sarebbe bisogno della visione strategica di un magistrato come Pavone, con la sua capacità di capire i fenomeni criminali, così come aveva fatto ai tempi della banda Maniero. Allora, esattamente come oggi, la sottovalutazione per non dire la rimozione del pericolo rappresentato dalla banda più numerosa, più feroce e più ricca del Nord Italia, era nei fatti così come adesso è nei fatti la sottovalutazione del pericolo mafioso nel Nordest. Troppo poco studiato, troppo poco analizzato e compreso”.

Alla cerimonia d’intitolazione ha partecipato anche la vedova Amelia Vargiu Pavone. il sindaco Gianluigi Naletto e l’assessora all’educazione alla legalità del Comune di Dolo, Giorgia Maschera, hanno evidenziato: “Conosciamo la passione e la dedizione che lo hanno contraddistinto come persona e come magistrato. Crediamo che intitolare il centro di documentazione alla sua memoria sia determinante per chi non vuole dimenticare la grande fatica e il grande impegno che ogni giorno le persone di giustizia mettono per svolgere il loro lavoro”.

Lino Perini