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Arte moderna
06.12.2024 - 17:16
La locandina della mostra
Dal 7 dicembre 2024 al 30 marzo 2025, i Musei Civici Eremitani di Padova ospiteranno una mostra che finalmente fa luce su uno degli artisti più innovativi del panorama veneto: Ezio Bruno Caraceni. L'esposizione, intitolata Nel labirinto dell'informale – dagli anni '50 ai '70, è un’occasione imperdibile per scoprire l’evoluzione di un’artista che ha saputo esprimere il suo spirito libero e visionario attraverso oltre cento opere provenienti dall'Archivio Caraceni. Il progetto è reso possibile grazie al contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo.
Caraceni, nato a Chioggia nel 1927 e scomparso nel 1986, è stato un pioniere dell’arte informale, un linguaggio che ha saputo reinterpretare in modo radicale, superando le convenzioni e dando vita a un’opera spiccatamente tecnica e rigorosa, ma al tempo stesso aperta a interpretazioni emozionali e intellettuali. La mostra, curata da Enrica Feltracco e Massimiliano Sabbion, racconta la sua ricerca attraverso quattro momenti distinti della sua carriera, evidenziando la sua continua evoluzione e il suo desiderio di "uscire dalla tradizione".
Il percorso inizia con gli anni della formazione (dal 1940 alla metà degli anni ‘50), un periodo segnato da un’intensa sperimentazione e dall'incontro con i movimenti più radicali della Roma degli anni ‘50, che culmina nell’invito alla Biennale di Venezia del 1956. Successivamente, Caraceni si cimenta con le plastiche, opere realizzate tra il 1957 e il 1961, che spaziano dall'uso del plexiglass a quello dei materiali più innovativi dell'epoca. In queste opere, l’artista inizia a esplorare la tridimensionalità, facendo uso di materiali che lo pongono in sintonia con i grandi maestri dell’arte contemporanea, da Alberto Burri a Jackson Pollock.
Negli anni '60, la sua arte subisce una trasformazione significativa con la serie dei fili, opere che segnano una rottura con le esperimentazioni precedenti. I fili di ferro, simbolo di una visione più intellettuale e razionale del mondo, divengono il nucleo di un'arte che guarda alla scienza e alla geometria, ispirata dalla sua passione per la matematica e la musica elettronica. Come ha sottolineato Massimiliano Sabbion, "il filo è il cordone ombelicale di Caraceni", un elemento che attraversa la sua ricerca come un "fili d’Arianna" che guida lo spettatore in un labirinto di significati e forme.
Il periodo finale della sua carriera, quello dei labirinti e delle mappe (1968-1970), è caratterizzato da un ritorno alla dimensione antropizzata, ma filtrato attraverso una lente fantastica e scientifica, come se l'artista vedesse il mondo da una prospettiva lontana, quasi spaziale. Le sue "mappe" sembrano raccontare non solo geografie reali, ma anche mondi immaginari, visioni di un futuro tecnologico che oggi ci appare sorprendentemente contemporaneo.
Caraceni è stato un artista che ha sempre cercato di comprendere e interpretare i cambiamenti in atto nella società e nella scienza, un precursore che ha saputo parlare anche dei temi a lui cari come la matematica, la scienza e la comunicazione, ma sempre in modo originale, lontano da qualsiasi convenzione. La sua arte ha anticipato le riflessioni che si sarebbero fatte strada nei decenni successivi, unendo ricerca e sperimentazione, realismo e astrazione.
Questa retrospettiva è dunque anche una riscoperta, sedici anni dopo la mostra che si tenne a Sacile, in collaborazione con l'Università degli Studi di Padova. Come ha commentato la curatrice Enrica Feltracco, "Mi auguro che questa mostra apra nuovi scenari di studio su Ezio Bruno Caraceni, affinché se ne possa finalmente apprezzare il contenuto innovativo e il suo ruolo di precursore".
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