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Violenza sugli animali
01.05.2025 - 10:00
Foto di un volpino dell'allevamento
Si è concluso con una vittoria a metà il processo d’Appello per il caso dell’allevamento “Amico Cane” di Isola della Scala (VR), dove nel 2016 vennero sequestrati oltre 360 animali tra cui 300 cani, 30 cuccioli nati poco dopo il sequestro, e circa altri 30 esemplari tra bovini, pony, capre e volatili. Animali che, secondo le indagini, erano costretti a vivere in condizioni incompatibili con la loro natura e privi delle cure veterinarie necessarie.
Il procedimento, celebrato ieri presso la Corte d’Appello di Venezia, vedeva imputati Mattia e Valter Munari – proprietari dell’allevamento – e la veterinaria Daniela Monzini. I tre erano stati condannati in primo grado per maltrattamento di animali: un anno di reclusione per Mattia Munari, otto mesi per il padre Valter e dieci mesi per Monzini. Tuttavia, a causa del tempo trascorso, i reati si sono estinti per intervenuta prescrizione.
“È amaro vedere svanire anni di lavoro investigativo per una prescrizione, ma siamo comunque soddisfatti della conferma delle condanne civili”, ha commentato Lorenza Zanaboni, vicepresidente LAV e responsabile della sede di Verona. L’associazione, cui fu affidata la custodia giudiziaria degli animali, ha coordinato la loro ricollocazione in famiglie e strutture sicure. “Gli imputati – ha ricordato Zanaboni – avevano sottoposto oltre 360 animali a gravi sofferenze, lesioni e abbandono di cure”.
Anche l’avvocata Emanuela Pasetto, legale LAV per il caso, ha espresso delusione per l’esito giudiziario, evidenziando come la conferma delle statuizioni civili rappresenti tuttavia un riconoscimento della fondatezza delle accuse. “La Corte ha valutato il materiale probatorio nonostante la prescrizione, confermando le responsabilità civili degli imputati”.
La vicenda riaccende i riflettori sulla necessità di una riforma più incisiva dei reati contro gli animali. A novembre, la Camera ha approvato in prima lettura un disegno di legge di modifica del Codice penale e di procedura penale in materia, ma il testo, secondo la LAV, presenta gravi criticità. “Le pene restano troppo lievi, e si continua a tollerare strumenti coercitivi come le catene”, ha dichiarato l’associazione, appellandosi ai Senatori della Commissione Giustizia per una revisione più rigorosa.
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