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Attualità
23.10.2025 - 15:20
Niccolò Bompan a sinistra, Enrico Lanzoni a destra
In un piccolo villaggio nel distretto di Boane, non distante da Maputo capitale con un milione e 700 mila abitanti del Mozambico, due ragazzi polesani, uno liceale, l’altro universitario, hanno condiviso due settimane di volontariato che li hanno cambiati nel profondo. Enrico Lanzoni ha 17 anni e frequenta il quarto anno del liceo scientifico di Rovigo. Niccolò Bompan ne ha 20, è di Adria, ed è al secondo anno di economia e management all’università di Trento. Non si conoscevano prima, ma in comune hanno la conoscenza di fra Luca Santato di Badia Polesine del centro missionario di Padova che da alcuni anni sta portando avanti il progetto di una casa accoglienza con un orfanotrofio (Casa San Francesco e Santa Chiara) che potrà accogliere una 50 di bambini e ragazzi di Maputo, un centro medico già attivo principalmente pediatrico che vede la presenza di infermiere locali e dottoresse volontarie italiane, e un centro di formazione per i ragazzi del distretto di Boane che non possono studiare in modo autonomo perché privi di spazi, facendo loro formazione agraria, informatica nonostante i device non siano di ultima generazione, taglio e cucito e lo studio di lingue straniere (in Mozambico la lingua ufficiale è il portoghese). “Il progetto, dice Niccolò, ha come obiettivo quello di dare un futuro a bambini e ragazzi orfani e abbandonati che si incontrano lungo le strade di Maputo e che trascorrono gran parte del loro tempo a cercare cibo presso la grande discarica a cielo aperto di Maputo, Toglierli da questa situazione di disagio è l’impegno che i frati del centro missionario si sono prefissati per dare loro un futuro di speranza.” E il prossimo step è quello della costruzione anche di una scuola materna. Con Niccolò ed Enrico, accompagnato dalla mamma, c’erano un’altra decina di volontari, partiti dall’Italia ognuno con una valigia carica di cibo, medicinale e giochi e tanta voglia di dare un po' di felicità a bambini che sorridono anche senza niente in tasca. “Da questa esperienza, dice Enrico, ho capito che la felicità non è legata a ciò che possediamo, ma a ciò che condividiamo. Era bello specchiarsi nei loro grandi occhi, pieni di vita, bambini sempre propositivi”. Come trascorrevano le tue giornate? “Facevo una specie di animatore, facendo accoglienza ai ragazzi e ragazze dai 3 ai 12 anni dalle 9 per tutta la mattinata e poi al pomeriggio. Sono ragazzi molto vivaci, curiosi. Giocano molto a calcio, sono coordinati e atletici”. Niente cellulari… “I più grandicelli hanno qualche cellulare non certamente di ultimo modello.” Cosa ti ha spinto a fare questo tipo di esperienza? “Quando ho saputo che avevo questa possibilità subito ho sentito che poteva essere una opportunità di mettermi in gioco, scoprire che qualcosa potevo dare anche io. Naturalmente un’altra motivazione che mi ha spinto ad andare è lo spirito d’avventura, perché l’Africa è un paese veramente pieno di sorprese e di vita, e poterlo vivere non dall’auto safari o dai resort occidentali ma dalle persone e dalle loro quotidianità è un arricchimento non da poco.” Niccolò ed Enrico hanno anche visto il lato più duro di una parte del Mozambico: la fame, le malattie, la scarsità di risorse, andando a consegnare del cibo al campo profughi di Estivel. “Oltre 2000 persone, che vivono in tende e baracche, in precarie condizioni igieniche e di salute, dice Niccolò. L’impotenza è forse la sensazione più difficile da gestire. Vorresti fare di più, ma capisci che non puoi risolvere tutto. Due settimane non sono tante, ma se le vivi davvero, possono lasciarti un segno profondo”. Enrico e Niccolò non esitano a dire che quelle due settimane hanno cambiato il loro modo di vedere il mondo. “Non è stato tanto quello che abbiamo dato” conclude Niccolò, “ma quello che abbiamo ricevuto. L’umanità, la gratitudine, la semplicità. In Italia siamo sempre di corsa, ma lì ho imparato a fermarmi, a guardare le persone negli occhi. Il volontariato non è un’esperienza da mettere in curriculum. È un pezzo di vita che si incastra dentro di te e ti accompagna ovunque.” Il 23 dicembre, il progetto di fra Luca a Maputo sarà presentato in un incontro che si svolgerà al cinema Duomo.
Cristiano Aggio
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