Marinelli nel suo libro collega le storie di una serie di personaggi, famosi e non, nella vicenda
La copertina di "11" il libro di Giancarlo Marinelli sull'11 settembre
L’arte del narratore sta nella capacità di scorgere quello che è sotto gli occhi di tutti ma che nessuno vede, perché riesce a legare i fatti, trova un filo logico e fornisce una visione d’insieme inaspettata. Se il giornalista racconta una notizia, lo scrittore celebra la vita: questa è la differenza. Il poeta, poi, che è un genio, racconta “tutte” le vite, con pochi versi. Giancarlo Marinelli, uomo di teatro a Vicenza e nel Veneto che però nasce scrittore, cambiando prospettiva riesce a fornire una lettura dell’11 settembre inedita e profonda. Il suo “11” (La nave di Teseo, 320 pagine) sposta l’attenzione dal gigantesco – gli aerei che si infilano, le torri gemelle che crollano, la nevicata di cemento – al piccolo. E stupisce. Ci riesce perché è rimasto colpito dalla storia di Kostantin Petrov, un estone trentenne emigrato clandestino a New York: è dovuto fuggire dall’Estonia perché piratava i decoder per mostrare ai compatrioti le televisioni della Finlandia. E già questo fatto meriterebbe una storia a sè… A New York Petrov vive nella casa di un vecchio polacco cieco, il quale lo ospita a patto che lui lo porti in giro, diventando i suoi occhi.
Marinelli nel libro parte dalle foto di Kostantin Petrov scattate dalla Torre nord la notte prima della tragedia
Kostantin è un guardiano elettricista che lavora al 106esimo piano della torre nord e che nell’attacco suicida morirà. Ma il giorno prima, la notte prima, scatta una serie di foto degli ambienti, degli oggetti e del panorama attorno a lui: posta le foto su un Facebook primordiale, chiamato Fotki. Così sono giunte fino a noi. Questo è il cambio di prospettiva. Queste immagini, quando Marinelli le ha scoperte lo hanno molto intrigato. E' tornato bambino.
La figura amletica di Bush, la madre di Bin Laden, il sacerdote dei vigili del fuoco...
Giancarlo Marinelli, è direttore degli spettacoli classici all'Olimpico, direttore artistico del teatro comunale di Vicenza e direttore artistico di Arteven
Spiega: “Quando ero piccolo mia madre perse nel bosco un orecchino cui era molto legata, opera di Gino Cortellazzo grande scultore estense e amico del papà. Mi ero impegnato a cercarlo, ma era come trovare il classico ago nel pagliaio. Per non ripassare due volte nello stesso luogo, presi la Polaroid e fotografai la zona che avevo già esplorato. Quando ho visto le foto di Petrov, ho avuto la stessa sensazione di allora: questo sta cercando qualcosa, mi sono detto”. Sì, inconsciamente cercava il senso della vita che di lì a poco avrebbe perso. Le foto servono a Marinelli per introdurre e ritmare i capitoli del libro, ciascuno con il nome di un protagonista, che sono divisi in quattro sezioni. Si passa dalle immagini macro a quelle intime fino ai particolari, per scendere ancora più in giù, alle immagini nere scattate per sbaglio. Le sezioni sono intitolate Interiors (10 settembre), Still life (11 settembre), Shot in black (gli attentati), Altri giorni di settembre - Family snapshots. I capitoli sono brevi, incalzanti, raccontati con una scrittura asciutta, che non accarezza ma spesso frusta. I protagonisti dei racconti sono uomini e donne, famosi o sconosciuti, che intrecciano – non per caso e il loro legame si scoprirà solo nell'ultima pagina del libro – le loro vite nell’immane tragedia. C’è il presidente George W. Bush, una specie di Amleto che cerca di vedere oltre, alle prese con i fantasmi e i sensi di colpa della moglie Laura. C’è Alia Ghanem, la madre di Osama Bin Laden, in attesa del figlio in mezzo al deserto afghano. Ecco padre Mychal Judge, omosessuale dichiarato anche se mai praticante. Fu la prima vittima certificata a Ground Zero: era un prete devoto ai vigili del fuoco fino a seguirli dentro le Torri Gemelle. Ci sono Condoleezza Rice, segretario di Stato, e Judy Melinek, medico legale, che schedò ogni resto umano grande quanto un pollice perché poteva servire a svelare l’identità della vittima. Aveva un marito capo dei pompieri che entrò per primo nelle torri. C’è lo scrittore Harold Pinter che riceve, il giorno prima dell'attentato, la laurea honoris causa dall’università di Firenze con un discorso violentissimo, e premonitore, contro gli Stati Uniti. Fu talmente pesante che il rettore dell’università, Augusto Marinelli, fu costretto a scusarsi. Da quel giorno Pinter entrò in un baratro e scomparve.
Nel libro di Marinelli non ci sono dietrologie o complotti: è una grande commedia umana nella quale irrompe la tragedia
Sia chiaro: nel libro non troverete dietrologie o complotti. È una grande commedia umana nella quale la tragedia irrompe improvvisa, la mannaia cala senza annunciarsi. Ma se l’11 settembre è da vent’anni uno spartiacque della storia, fa pensare quello che è accaduto attorno a quella data e all’ombra di questi personaggi. Ha dell’incredibile. C’è la maga che da Oprah Winfrey commenta la risicata vittoria di Bush alle elezioni del 2000 con queste parole: “Deve essere contento di aver vinto, perché questo presidente dovrà affrontare la più grande sciagura d’America. E il prossimo presidente sarà nero”. Solo un’indovina fortunata? E che dire della sconfitta politica dello stesso Bush, poco prima dell’attacco, quando sulle cellule staminali fu battuto al Senato? Tutta colpa di James Jeff, anche lui presente nel romanzo, un repubblicano che all’improvviso cambiò schieramento. Il fatto è che Bush, timidamente aperturista sulla ricerca con le staminali, aveva presentato un piano da 7 miliardi di dollari (una cifra enorme: va ricordato che la legge finanziaria italiana muove qualcosa come 25 miliardi) da accantonare in un fondo “per le imminenti pandemie da virus”. Dopo l’11 settembre, tutto fu cancellato: quei soldi furono dirottati a finanziare il prossimo conflitto. Vent’anni dopo, tutto s’è ribaltato: si cancella la guerra in Afghanistan perché i soldi servono a fronteggiare la pandemia. La storia non insegnerà ma è sorprendente. Viene da chiedersi: ma in questi vent’anni cosa abbiamo imparato? Risponde Marinelli: “Questo libro, che rivendica in modo potente l’essere europeo, lava un senso di colpa, perché non ho mai avuto un bel rapporto con gli americani. Detestavo Trump, che rappresenta tutto quello che odio, e ho un timido apprezzamento per Biden. Ma in questi vent’anni ero convinto che avessimo imparato qualcosa. Lo dimostra un sociologo che aveva studiato un particolare del comportamento americano. Dopo le torri gemelle, infatti, il traffico per molti anni s’era congestionato. Perché? Perché la gente andava al lavoro e poi tornava indietro perché s’era dimenticato di dire alla moglie “ti amo”. I messaggi di quel giorno delle persone che stavano precipitando erano tutti così. È una cosa molto americana, se volete. Questa tragedia per un gran periodo di tempo ha cambiato il nostro modo di pensare al domani”. Giancarlo Marinelli ha già vinto due volte il premio selezione Campiello: non c’è da meravigliarsi se, con questo libro, arriverà al terzo premio.
Antonio Di Lorenzo
Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter
...
LaPiazzaweb NewsLa newsletter de LaPiazzaWeb
Edizione
GIVE EMOTIONS SRL | C.F. e P.IVA 04385760287 REA PD-385156 | Reg. Tribunale di Padova n. 2516