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Vicenza, l'università ha la ricetta per migliorare le aziende lattiero-casearie e i loro prodotti

Severino Segato

Severino Segato, professore all'università di Padova nel dipartimento medicina animale, produzioni e salute

Un'articolata ricerca mette in luce come rendere aziende e prodotti più sostenibili

Severino Segato, professore all'università di Padova nel dipartimento medicina animale, produzioni e salute
Come migliorare la produzione di latte e formaggi, assicurando maggiore qualità e più sostenibilità? L’università ha una ricetta. La si trova in una complessa ricerca della fondazione studi universitari di Vicenza, finanziata dalla fondazione Cariverona. I risultati sono precisi, scientifici, e riassumibili in un concetto: i sistemi per aumentare la qualità nutrizionale del latte e dei suoi derivati e assicurare una maggiore sostenibilità dei processi produttivi ci sono, sperimentati sul campo. Ma comportano un calo di produzione che deve essere spiegato agli utenti. E deve essere anche bilanciato da un aumento dei prezzi, perché l'azienda sfornerà meno prodotti che diventeranno più cari. Qualità e quantità non sempre vanno d’accordo. Ma ne vale la pena.

Ma la maggiore sostenibilità fa diminuire i prodotti, che diventano più cari: bisogna comunicarlo ai consumatori e convincerli

Bisogna capire che se il latte costa di più pago non solo un prodotto di qualità più alta, ma anche la sua sostenibilità. Quel poco di costo in più serve ad assicurare che il pascolo, il foraggio, l’allevamento siano più rispettosi della natura e dell’ambiente. È un mio vantaggio, ma non solo. Insomma, pago un po' di più il mio litro di latte perché, per metafora, nel prezzo è compreso anche il latte di mio nipote. AMBITO DI RICERCA. Il responsabile del progetto, Severino Segato, docente all’università di Padova, dipartimento Maps, sintetizza i risultati delle quattro tranche in cui è suddivisa la ricerca. Che interessa un mondo variegato e consistente: nel Vicentino sono 1.100 le aziende impegnate nell’allevamento da latte, 53 quelle attive nella trasformazione del latte, per un totale di 2000 addetti. Il fatturato delle aziende con stalla è stimato in 140 milioni l’anno, più altri 150 milioni delle aziende produttrici di formaggio.
Dario Semenzato, vice presidente della Fondazione Cariverona
CARIVERONA. Il progetto è stato battezzato Safil, acronimo di Sostenibilità e autenticazione nutrizionale delle filiere lattiero-casearie a tutela del consumatore. Promosso dalla Fsu di Vicenza, è stato reso possibile da un finanziamento di 200mila euro della fondazione Cariverona. Come ha ricordato il vicepresidente Dario Semenzato, che nella vita professionale è presidente del collegio sindacale delle acciaierie Beltrame, quei quattrini per la fondazione non sono un costo, ma un investimento che torna a beneficio del territorio, quello stesso territorio di cui la fondazione è espressione, visto che le cariche del Consiglio sono emanazione degli enti locali e della curia. L’UNIVERSITÀ. Come ha spiegato il direttore della fondazione studi universitari, Carlo Terrin, uno che l’università a Vicenza l’ha vista crescere e svilupparsi, al progetto hanno partecipato tutti i dipartimenti presenti nel polo vicentino, da ingegneria a economia. Che, com’è noto, sono emanazione delle due università di Padova e Verona.
Mario Carraro, amministratore delegato della Mecc Alte e presidente della Fondazione studi universitari di Vicenza
Ha sintetizzato Mario Roberto Carraro, amministratore delegato della Mecc Alte e presidente del Fsu: “La tutela del patrimonio culturale delle nostre aziende casearie non può che passare attraverso una certificazione di sostenibilità del loro ciclo di produzione. Abbiamo chiuso il cerchio tra esigenze delle aziende private, competenze dell’università e questo progetto di ricerca, di grande utilità pratica. All’università tocca fornire gli strumenti perché chi deve prendere decisioni lo faccia nel migliore dei modi. È quello che abbiamo fatto con questo progetto”. LE RICERCHE. Cosa hanno accertato le quattro ricerche? Andiamo con ordine. Giovanni Antonio Longo, professore ordinario a ingegneria, ha studiato il risparmio energetico nella filiera lattiero-casearia. Ha individuato nuovi fluidi frigorigeni alternativi che, utilizzati nelle pompe di calore, possono essere una soluzione nuova ed efficiente per migliorare la sostenibilità delle aziende. Enrico Novelli, ordinario a Padova e vice presidente del corso di laurea in Sicurezza degli alimenti (Sia) a Vicenza ha studiato la composizione del latte e l'alimentazione degli animali individuando veri e propri marcatori molecolari di autenticità. Foraggi della destra Brenta e pascoli dell'Altopiano di Asiago non hanno più segreti per lui. Severino Segato, dal canto suo, ha studiato vari modelli di allevamento. Di 30 aziende sono stati studiati i campioni di latte, formaggi, foraggi e concentrati. Ama ripetere che "i ruminanti sono la cerniera della tutela ambientale". Ha concluso che le aziende che utilizzano metodi di allevamento più sostenibili dovranno evidenziare nell’etichetta il proprio modello virtuoso. Infine Paola Signori, associata di economia nonché presidente del corso di laurea in economia di Vicenza, ha analizzato la comunicazione di 45 aziende, coinvolgendo 800 consumatori. Ha evidenziato “significativi margini di miglioramento nella capacità delle aziende di comunicare gli elementi nutrizionali e di autenticazione del prodotto”.

La situazione della comunicazione riguardo a latte e formaggi è parecchio indietro: metà caseifici non ha un sito web

Carlo Terrin è direttore della Fondazione studi universitari di Vicenza
IN PRATICA. I “significativi margini di miglioramento” tradotto dal linguaggio dei professori in parole povere vuol dire che la situazione delle aziende vicentine, almeno in fatto di comunicazione, non è rosea. Basti pensare che metà dei 53 caseifici non ha nemmeno un sito web. Siamo alla preistoria dell'informazione. Quindi, oltre a migliorare i processi produttivi, bisogna riuscire a trasferire nel consumatore questi concetti di migliore qualità e sostenibilità, con quel ragionamento sul prezzo di cui sopra. Poi, tanto per fare qualche altro esempio, per comunicare i miglioramenti di processo e di prodotto si potrebbe pensare a un packaging migliore, che evidenzi i meriti del prodotto. Magari anche a un marchio che evidenzi le aziende lattiero-casearie più sostenibili. Ma, si sa, di marchi ormai siamo pieni. Però è importante darsi da fare sui diversi versanti: questa ricerca fornisce gli input, poi toccherà alle autorità di regolamentazione, come sottolinea Mario Carraro, darsi da fare, per mettere le ali a produzione e comunicazione. Il latte e i formaggi vicentini ne hanno bisogno. I consumatori anche, visto che se il latte è un alimento completo, questo messaggio non è digerito da giovani e anziani che mostrano cali vistosi di consumi. Se a queste considerazioni aggiungiamo il fatto che il settore non ha risentito della pandemia, anzi, i consumatori si avvicinano più convinti a un prodotto di alto livello, si capisce che c’è molto più lavoro da fare per convincere i clienti possibili a consumare meglio che non a convincere le aziende a produrre in modo sostenibile. (Antonio Di Lorenzo)
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