sabato, 18 Maggio 2024
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A Mogliano Veneto c’è la casa più bella d’Italia

Tempo di lettura: 7 minuti circa

L’autore, a cui è stato assegnato il “Lifestyle Luxury Award 2021”, è l’architetto  veneziano Filippo Caprioglio. A lui abbiamo rivolto alcune domande sul ruolo degli  architetti nello sviluppo attuale delle città

Filippo Caprioglio
Filippo Caprioglio (Foto di Walter Dabalà)

Negli ultimi anni, grazie a leggi emanate dai governi per favorire il lavoro e l’economia, l’edilizia ha avuto  uno sviluppo notevole e gli effetti si vedono con la modifica sostanziale delle nostre città che stanno  lentamente cambiando la loro forma e anche la loro funzione, in alcuni casi con una cementificazione  selvaggia che sta stravolgendo i centri storici, le periferie ma anche il modo di vivere la città e le relazioni  umane. Qual è, secondo Lei, il compito professionale dell’architetto oggi, in questa situazione? 

L’architetto deve avere il ruolo di educatore, tutti gli architetti che hanno segnato ( a ragione ) il loro tempo  lo hanno fatto con grande etica ovvero lavorando e progettando per le persone. Questo è il mio mantra. Il  progetto di una casa si basa sulle relazioni intima che essa stabilisce con le persone che ci vivono ma a sua  volta stabilisce un rapporto con ciò che ha al contorno e con altre persone. La casa che ho costruito a  Mogliano come, ad esempio, gli edifici residenziali in via Toti a Mestre e a Zelarino, hanno generato nei  confinanti la volontà di interagire con queste nuove costruzioni e la necessità di rinnovare le proprie  abitazioni. La buona architettura sollecita le persone a riflettere sulla qualità del proprio ambiente.

Una specie di contaminazione. Può sintetizzare in pochi punti quali sono gli elementi che hanno  riqualificato le zone in cui è intervenuto? 

La qualità dei materiali, della composizione architettonica delle facciate, la scelta di riutilizzare tutto o parte  del preesistente, alcuni elementi architettonici come le ampie terrazze, tutti elementi che danno qualità al  vivere e una percezione di benessere alle persone.  

Mogliano Veneto negli ultimi anni ha sacrificato una parte consistente del proprio centro storico per fare  spazio ad un enorme supermercato dalle linee architettoniche “industriali”, a parcheggi senza alberature  e ad una serie di condomini di dimensioni sproporzionate a pochi metri l’uno dall’altro a ridosso di edifici  importanti per la città come la chiesa madre e il museo Brolo, per ricevere in cambio spazi a verde  

pubblico del tutto insufficienti, di passaggio e sostanzialmente decorativi. Di chi è la responsabilità di  tutto questo? 

So di dire una cosa impopolare però c’è sempre innanzitutto la nostra responsabilità, quella dei progettisti.  Se si trova sul tavolo un “piatto” così , anche se giustamente il committente vuole massimizzare il suo  investimento chi “apparecchia” la tavola è pur sempre l’architetto il quale, come dicevo prima, deve  “educare”, far capire che ci sono delle relazioni funzionali e umane da mantenere, l’edificio che si trova lì  vicino è importante dunque va bene, se concesso dai regolamenti, fare un supermercato ma guardiamo  anche il contesto e gli esempi di questo tipo realizzati nella mitteleuropa, a Bolzano o a quello che ha fatto  Despar, marchio attento anche all’architettura dei propri fabbricati. 

Io non mi spiego come sia possibile avere una opportunità come quella di dare alla città uno spazio  commerciale collettivo, fatto di scambi, relazioni, incontri e si partorisca un edificio dalle linee  “industriali”, contornato da un parcheggio sterminato con un verde a dir poco striminzito … 

Infatti, è per questo che dico che la colpa è nostra, almeno al 70%.Io credo ancora “romanticamente” che  non facciamo gli architetti per denaro ( tanto sappiamo che non diventeremo ricchi con questo mestiere)  almeno sfruttiamo le occasioni che abbiamo per fare qualcosa di bello e di utile. L’altro 30% di  responsabilità però è della committenza, generalmente… 

E l’Amministrazione pubblica, non ha a delle responsabilità nelle scelte urbanistiche? 

A livello di scelte di piano regolatore sicuramente in quanto, pur non avendo la sfera di cristallo, le  amministrazioni devono essere in grado di prevedere gli esiti di tali scelte; gli strumenti per inserire dei  “paletti” e delle prescrizioni ci sono.  

Lei ha operato a Mogliano, dove ha realizzato quella che è stata definita “la casa del lusso più bella  d’Italia”, ha avuto difficoltà con l’Amministrazione?  

Guardi, devo dirlo, nessuna difficoltà, è stata veramente un percorso super! Ho avuto la fortuna di essere  seguito da responsabili con cui abbiamo dialogato tantissimo, tecnici colti e competenti… 

Dunque, per ottenere buoni risultati, conta avere rapporti con una Amministrazione collaborativa,  partecipe che capisca il valore di un progetto rispetto ad un altro? 

Conta tantissimo! Senza alcun dubbio. 

E come è possibile che le stesse persone che hanno apprezzato e sostenuto il suo progetto, davanti a  progetti impresentabili o decisamente brutti non hanno la forza di impedirne la realizzazione?

Purtroppo ne hanno poca, direi tendente allo zero… Una volta c’erano le commissioni edilizie che potevano  esprimere un parere vincolante oggi, quando ne ha la competenza, rimane solo la Sovrintendenza… d’altra  parte se un collega rispetta la norma, a livello giuridico risulta inattaccabile, sull’estetica, pur nella  soggettività’ della materia, credo potremmo fare un’altra chiacchierata specifica. Altro argomento e’ il  “buon costruire” , su questo forse anche l’amministrazione degli strumenti li avrebbe. 

E i cittadini? Hanno anche loro delle responsabilità? 

Le dico la verità, sono un po’ allergico ai comitati che si mettono di traverso talvolta senza conoscere l’iter  di un progetto ma sono convinto che l’Amministrazione debba sempre spiegare ai cittadini e richiederne la  partecipazione, quando un progetto andra’ a modificare il vivere pubblico. Io sostengo da sempre i “progetti  partecipati” poi, quando le cose si trasformano in guerre tra fazioni, allora è tutto più difficile… Diventa  spesso confronto politico e allora si entra in un campo diverso. 

Ho associato il suo progetto per lo Spazio Berlendis di Venezia ad alcune cose di Carlo Scarpa per il  rispetto che dimostra nei confronti del contesto in cui si inserisce, difficile e prezioso. Perché questi  risultati si ottengono spesso nei lavori privati e non nelle opere pubbliche? 

Lo Spazio Berlendis è l’intervento privato più pubblico che io abbia fatto nella mia carriera. Eravamo esposti  a tutto e a tutti, sempre, mentre operavamo nello squero più antico della città, di fronte all’Ospedale San  Giovanni e Paolo. Uno spazio che ha avuto una risonanza incredibile molto prima della sua inaugurazione,  sui social soprattutto dove non sono mancati gli attacchi scorretti circa mie presunte “entrature” per  ottenere i permessi. Altro che entrature! Un anno di lavoro, di analisi approfondite, di studi e di confronti,  ricerche, disegni e attenzione millimetrica a tutto pur di essere coerenti e ligi ai principi e alle norme per  ottenere i permessi. 

Che risposta ha avuto dall’Amministrazione veneziana, collaborativa? 

Il progetto segue delle regole precise, sia il Comune che la Sovrintendenza hanno assunto un ruolo  importante e con loro ho avuto uno scambio e una collaborazione di altissimo livello qualitativo. Ho trovato  tecnici veramente illuminati che hanno capito e che sono entrati nel progetto, felici di potervi entrare con  competenza, entusiasmo e partecipazione. E’ stato un percorso bellissimo che, senza voler fare paragoni con  il Maestro, anche Scarpa avrà seguito districandosi tra norme e permessi, come tutti… 

Questo mi conferma l’idea che quando l’architetto raggiunge una certa fama non è vero che è tutto più  facile, anzi…

Tutt’altro. Ti aspettano al varco! A volte si possono creare invidie, succede…E’ altrettanto vero che quando  viene riconosciuta l’etica e la qualità del progettista si e’ portati all’ascolto e alla valutazione del progetto  sapendo chi si ha di fronte. Poi dipende anche da come ci si pone, ovviamente.

“La casa del lusso più bella d’Italia” è opera sua e si trova a Mogliano, ha vinto il premio “Lifestyle Luxury  Award 2021” questo fa di lei una “Archistar”?

“La casa del lusso più bella d’Italia”
“La casa del lusso più bella d’Italia”

(sorride) Tra amici e conoscenti ma anche per testimonianze indirette che indubbiamente fanno piacere,  ho una considerazione alta, del tipo: “ se vinco l’Enalotto mi faccio fare la casa da te…” ma è una affettuosa  esagerazione che accolgo con divertimento perché, in realtà, si può fare della buona architettura con  budget molto sostenibili, si possono ottenere case ideali per famiglie a prezzi accessibili. Poi trovo giusto che  il committente che può spenda per avere una maggiore dimensione spaziale o materiali non alla portata di tutti.  

L’architetto dunque può realizzare, se non proprio i sogni, almeno una dimensione “ideale” del vivere. In  cosa consiste , in poche parole, la bellezza della casa che lei ha progettato a Mogliano? 

Nel fatto che tutti gli spazi interni ed esterni sono generati attraverso la luce che è il filo conduttore  dell’idea progettuale, il giardino è concepito come parte integrante della casa in cui non c’è soglia ed esiste  una continuità spaziale che ti fa sentire dentro quando sei fuori e viceversa. Gli elementi naturali hanno  determinato molte delle mie scelte progettuali. 

E perché proprio a Mogliano? 

Ma, me lo sono chiesto anch’io, il committente ha scelto me ed io mi sono adeguato al contesto urbano che  ho trovato che non mi ha condizionato particolarmente essendo molto poco caratterizzato ( se fossi stato  dall’altro lato del Terraglio, in zona “citta giardino”, avrei operato diversamente in quanto più condizionato 

dalla situazione preesistente ). L’unico condizionamento c’è stato nei rapporti di scala, se lei arriva da via  Sauro, a piedi o in auto, si accorge della presenza della casa solo quando è a 10 mt. Lo studio che abbiamo  fatto sui rapporti dimensionali e sulla posizione è stato al centimetro. 

Per concludere, architetto Caprioglio, questo non è il solo progetto che le ha dato soddisfazione sul piano  professionale (durante il nostro colloquio ne ha citati diversi) qual è il fattore che accomuna questi suoi  lavori? 

Che, in tutti questi casi, a Mogliano come in altre situazioni, mi sono sentito libero di esprimermi, pur con  tutte le naturali attenzioni di cui un progetto necessita e che il committente richiede. E’ questa la condizione  ideale per ottenere buoni risultati nel mio lavoro. 

Considerazioni finali: 

Dalla lunga e piacevole chiacchierata con l’architetto Caprioglio ho dedotto che una gran parte della  responsabilità della situazione edilizia attuale attiene le competenze, le capacità e l’etica dei progettisti,  un’altra parte (minoritaria) ai committenti e una terza parte, a volte determinante e a volte del tutto  ininfluente, alle amministrazioni pubbliche le quali, in molti casi, dimostrano di avere al proprio interno  tecnici di qualità, con sensibilità e capacità anche notevoli ma non sempre in grado di intervenire a  tutela del loro territorio di competenza.

Maurizio Zenga

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