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Un nuovo inizio
08.10.2025 - 17:15
Il sindaco di Cittadella Luca Pierobon. Dietro, Massimo Zen con il cane Igor
“Massimo ha sbagliato, ma non è un criminale”: il sindaco Pierobon non ha dubbi a riguardo.
La notte fatale del 22 aprile 2017, lo sparo nel buio e la morte di Manuel Major in ospedale. Poi le minacce alla famiglia Zen, il processo e la sentenza e infine la grazia di Mattarella. La vicenda di Massimo Zen ha fatto discutere a lungo e forse nessuno, lui compreso, avrà mai un quadro completo di quanto successo.
Ciò che è sicuro, almeno secondo Luca Pierobon, sindaco di Cittadella, è che il suo concittadino è sempre stato un uomo onesto, che, per la natura del suo difficile mestiere, si è trovato in una situazione estremamente complicata nella quale andava presa una decisione. E per quella decisione, si trova ora a ricostruire i cocci della propria vita.
Per il primo cittadino, non poteva che parlarsi di legittima difesa, forse eccessiva, ma la sentenza del 2021 parla di omicidio volontario, che è ben diverso. Giusta quindi, secondo Pierobon, la grazia parziale concessa da Mattarella: “Non è pericoloso, non è uno che tornerebbe a delinquere. Zen può restituire alla collettività lavorando, non restando in cella”. E nella decisione del Presidente della Repubblica hanno posto fiducia anche gli esponenti dell’opposizione, che per mezzo della Capogruppo del Partito Democratico Paola Lolato hanno definito “conclusa nel migliore dei modi la dolorosa vicenda di Massimo Zen”.
Quello che ha patito la guardia giurata durante la prigionia è difficile da immaginare. “È chiaro che un’esperienza di oltre due anni di carcere segna profondamente. Per chi non è abituato a delinquere, anche un solo giorno dietro le sbarre è un trauma, figuriamoci più di due anni”, insiste il Sindaco. Ma per sua fortuna, Massimo ha al suo fianco la propria famiglia, gli amici e un’intera comunità che lo sostengono, pronti a tendergli la mano e ad accompagnarlo nella sua strada di redenzione: “Chi commette un errore simile in una grande città, magari senza una rete affettiva, avrebbe vita molto più dura, ma per Zen ci vorrà comunque del tempo prima che tutto venga superato.”
Il ruolo dei Cittadellesi in tutto ciò è fondamentale, spiega Pierobon, che racconta con voce commossa l’interesse dei concittadini nella vicenda dell’ex ranger: “Ho visto cittadini molto vicini a lui e a sua moglie Franca. Sono andato a trovarlo tre volte in carcere, e molti mi chiedevano di portargli i loro saluti. C’è stata grande solidarietà.”
La prossima tappa di questa storia passerà per il canile San Francesco di Zola, dove Zen sarà impegnato in lavori socialmente utili in un ambiente per lui ideale. Massimo è sempre stato un grande amante dei cani e l’ultima disgrazia che si è abbattuta sulla sua vita è stata la scomparsa del suo adorato Igor, che si è spento pochi giorni prima che il padrone venisse rimesso in libertà. Lavorare al canile potrà anche servirgli per esorcizzare il dolore della perdita.
Oltre alla vicenda umana di Massimo Zen, il sindaco si è voluto soffermare anche sulla questione carceraria, che in Italia risulta da tempo estremamente problematica: “Qui in Veneto abbiamo ottimi esempi di realtà riabilitative, come la pasticceria Giotto del Carcere Due Palazzi. Chi lavora lì impara un mestiere e contribuisce al proprio mantenimento, ma oggi chi viene sorpreso a rubare spesso non va in galera, e questo è un problema”. Secondo il primo cittadino, infatti, troppi delinquenti riescono a evitare la prigionia, e molti altri invece ne abusano: “Molti entrano ed escono dal carcere come se fosse casa loro. Io sono dell’idea che chi sta in carcere, soprattutto se è un delinquente abituale, dovrebbe contribuire a pagarsi la detenzione”.
Pene più severe per i reati contro la persona e il patrimonio, l’obbligo di lavorare quando si è in prigione e la detenzione nel paese d’origine per i criminali stranieri, sostiene Pierobon, renderebbero molto più efficace la funzione deterrente della pena, senza intaccare quella riabilitativa, e soprattutto farebbero sentire i cittadini più al sicuro, disincentivando notevolmente il ricorso alla legittima difesa.
Nicola Canella
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