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Eccellenza sanitaria
11.11.2025 - 18:19
Foto di repertorio
Il cuore del donatore, il diciottenne trevigiano Francesco Busnello, deceduto in seguito a un incidente stradale, fu impiantato su Ilario Lazzari, affetto da miocardiopatia dilatatoria.
L’intervento, durato ore e seguito con grande attenzione dalla comunità scientifica, segnò una pietra miliare per la cardiochirurgia italiana, offrendo prospettive di cura fino ad allora precluse ai pazienti più gravi. Fino a quel momento, infatti, chi necessitava di un trapianto era costretto a recarsi all’estero.
Da allora il Centro di Cardiochirurgia di Padova — oggi intitolato a Gallucci — è divenuto un riferimento in Italia e all’estero per ricerca e pratica trapiantologica.
Pochi giorni dopo, il 17 novembre 1985, Pavia entrò a sua volta nella storia: l’équipe guidata dal professor Mario Viganò eseguì uno dei primi trapianti su un ventenne, Gian Mario Taricco. Quel cuore continua a battere ancora oggi, il più longevo d’Europa, simbolo di eccellenza italiana.
Secondo quanto riporta Adnkronos, negli ultimi quattro decenni l’Italia è diventata una delle nazioni leader nei trapianti cardiaci. Nel 2024, nei 20 centri autorizzati, sono stati eseguiti 413 interventi (+13% sul 2023) e, nei primi dieci mesi del 2025, se ne contano già 376. Dal 2002, anno di attivazione del Sistema informativo trapianti, gli interventi superano quota 7mila: per lo più su uomini (74%), con cardiomiopatie primitive (51%) e post-ischemiche (24%) tra le cause principali.
Anche il profilo dei donatori è profondamente mutato. Se il primo, Francesco Busnello, aveva appena 18 anni, oggi l’età media sfiora i 48, e quasi un quarto dei donatori ha più di 60 anni. Oltre il 60% dei decessi è dovuto a emorragia cerebrale. La maggiore capacità della Rete trapianti di individuare e utilizzare anche cuori di donatori più anziani ha contribuito all’incremento degli interventi.
Sul fronte dei riceventi, l’età media è passata dai 48 anni del 2002 ai 52 attuali; nel 2024 il paziente più anziano trapiantato aveva 76 anni. L’ampliamento dei criteri di selezione, insieme al progresso delle terapie e alla migliore gestione delle complicanze, ha consentito di offrire il trapianto a persone sempre più avanti con l’età.
Tra le innovazioni recenti spiccano i trapianti da donatori a cuore fermo, ovvero pazienti il cui decesso viene certificato con criteri cardiaci dopo 20 minuti di osservazione. Dal 2023, dopo il primo intervento con questa modalità, se ne contano oltre 80, pari a circa il 9% del totale, con esiti sovrapponibili ai trapianti da donatori in morte cerebrale.
“L’attività di trapianto di cuore sta vivendo una crescita esponenziale – spiega Giuseppe Feltrin, direttore del Centro nazionale trapianti –. Oggi ci sono 802 pazienti in attesa di un cuore nuovo, tra gli oltre 8mila in lista per un trapianto. Il nostro obiettivo è assisterli al meglio, ma tutto dipende dal sì dei donatori e delle loro famiglie. Come quarant’anni fa, la donazione resta la chiave della vita”.
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