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L'intervista

Padova celebra i 40 anni dal primo trapianto di cuore in Italia, Gerosa: “Oggi nuove sfide, ma stesso spirito di allora”

Il direttore del Centro di Cardiochirurgia “Vincenzo Gallucci” dell’Azienda Ospedaliera di Padova ospite a Buongiorno Veneto

Padova celebra i 40 anni dal primo trapianto di cuore in Italia, Gerosa: “Oggi nuove sfide, ma stesso spirito di allora”

Professor Gino Gerosa

Nella notte tra il 13 e il 14 novembre 1985 la storia della medicina italiana cambiò per sempre. A Padova, il professor Vincenzo Gallucci realizzò il primo trapianto di cuore nel nostro Paese, aprendo una nuova era per la cardiochirurgia. Quarant’anni dopo, il testimone è nelle mani del professor Gino Gerosa, attuale responsabile dell’Unità Operativa Complessa di Cardiochirurgia dell’Azienda Ospedaliera Università di Padova, che oggi porta il nome proprio del suo fondatore.

Ospite di Radio Veneto24, nella trasmissione Buongiorno Veneto, il professor Gerosa ha ricordato quel momento storico e fatto il punto sui progressi compiuti in quattro decenni di ricerca e innovazione.

“La medicina – ha spiegato – ha una progressione tecnologica e tecnica estremamente veloce. Quando nel novembre del 1985 Vincenzo Gallucci compì quel primo trapianto, accompagnò la cardiochirurgia italiana nel salotto buono della cardiochirurgia internazionale, quasi vent’anni dopo l’intervento pionieristico di Christian Barnard a Città del Capo”.

Gerosa ha poi ricordato di aver avuto il privilegio di incontrare lo stesso Barnard:

“Lo intervistai a Padova quasi trent’anni fa, e in quell’occasione ribadì più volte una parola chiave: donors. Già allora sottolineava l’urgenza e la necessità di trovare donatori. Oggi quel tema resta centrale: il trapianto è ancora la migliore risposta terapeutica per chi soffre di scompenso cardiaco terminale, sia in termini di sopravvivenza che di qualità della vita. Ma tutto dipende dalla disponibilità di organi”.

Donatori più anziani e nuove tecniche

Il quadro, oggi, è molto cambiato.

“Negli anni Ottanta – spiega Gerosa – l’età media dei donatori era di circa 18 anni. Oggi è oltre i 55. Questo perché la legge sull’uso del casco ha praticamente azzerato la morte cerebrale post-traumatica. I donatori di oggi muoiono per eventi ischemici o emorragici, spesso associati a patologie come diabete o ipertensione, che influiscono negativamente sul cuore”.

Un cambiamento che ha reso più complessa la selezione dei donatori e l’esecuzione dei trapianti.

“Il profilo clinico dei donatori si è deteriorato – aggiunge – e questo si riflette sui risultati. Oggi circa il 30% dei trapianti è eseguito con donatori a cuore fermo, una tecnica che consente di ampliare la disponibilità di organi. Ma riusciamo comunque a dare una risposta solo al 50-55% dei pazienti in lista d’attesa”.

Attualmente in Italia circa 800 persone attendono un nuovo cuore, mentre i trapianti annuali si attestano intorno ai 400 interventi.

Un primato padovano: il trapianto “a cuore battente”

Con orgoglio, Gerosa ha ricordato un recente traguardo raggiunto proprio a Padova:

“Nel dicembre scorso abbiamo eseguito il primo trapianto di cuore da donatore a cuore fermo completamente a cuore battente. In pratica, dopo la ripartenza del cuore nel donatore, l’intervento è stato condotto senza mai interrompere la sua attività, mantenendo il flusso di sangue ossigenato nelle coronarie. È una svolta che riduce il rischio di danno ischemico e apre nuove prospettive”.

Verso il futuro: cuore artificiale e xenotrapianto

Ma la sfida più grande, secondo Gerosa, è quella del futuro:

“Oggi la cardiochirurgia deve andare oltre. Serve sviluppare un cuore artificiale totalmente impiantabile, che non sia più solo un ponte verso il trapianto, ma una soluzione definitiva. E accanto a questo, lo xenotrapianto – l’uso di organi di origine animale – rappresenta un’altra strada da esplorare”.

Medicina e sport: stessa disciplina, stessa dedizione

Riconosciuto di recente con il Premio Memo Geremia, solitamente assegnato in ambito sportivo, Gerosa ha commentato con un sorriso:

“Tra cardiochirurgia e sport ci sono molte affinità. Servono la stessa dedizione, lo stesso impegno e l’attenzione al dettaglio. È un lavoro che richiede costanza, concentrazione e spirito di squadra”.

Chiudendo l’intervista, il professore ha tracciato un bilancio dell’anno in corso:

“Il 2025 è stato un buon anno. Lavoriamo sempre pancia a terra, e il numero di trapianti è legato, inevitabilmente, alla disponibilità di organi. Ma Padova continua a essere un punto di riferimento nazionale e internazionale, e a volte accogliamo anche pazienti oltre i confini italiani”.

Un’eredità viva
Quarant’anni dopo quella notte del 1985, la lezione del professor Vincenzo Gallucci continua a pulsare nel cuore della medicina italiana. E come ricorda Gerosa, “la strada è ancora lunga, ma lo spirito pionieristico di allora non si è mai fermato”.

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