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Manildo a Stefani: ora basta ambiguità su Vannacci, condanni il suo estremismo o è complice

Manildo chiede a Stefani chiarezza: condanni le tesi del generale in pensione o ammetta il suo sostegno

Giovanni Manildo, ex sindaco di Treviso e candidato Governatore del Centro Sinistra

Giovanni Manildo, ex sindaco di Treviso e candidato Governatore del Centro Sinistra

Manildo: “Su Vannacci Stefani abbia il coraggio di parlare – e di agire” Giovanni Manildo, candidato alla presidenza del Veneto, interviene dopo il duro confronto a mezzo stampa tra il vicesegretario della Lega Roberto Vannacci e il presidente uscente Luca Zaia, e chiama in causa direttamente Alberto Stefani.

«Le parole di Vannacci non sono gaffe. Sono tesi revisioniste, estremiste, pericolose, che riscrivono la storia, alimentano l’odio e soffiano sul fuoco delle divisioni. Chi continua a sdoganarle, a tollerarle o – peggio – a usarle per raccattare voti, sta tradendo i valori fondamentali della nostra comunità democratica».

Manildo riconosce la presa di posizione del governatore: «Zaia ha condannato con forza le leggi razziali e alcune affermazioni di Vannacci. Bene. Ma non basta. Perché la domanda vera è: che cosa dice Alberto Stefani? Il candidato della Lega, vice di Salvini, può continuare a restare in silenzio mentre l’altro vicesegretario nazionale del suo stesso partito annuncia che verrà in Veneto a sostenerlo, forte dei suoi voti? O dice chiaramente che non lo vuole, o è complice».

Per l’esponente del centrosinistra, il nodo è la coerenza. «Stefani non può continuare a giocare su due tavoli. Non può presentarsi come il volto rassicurante e moderato della Lega veneta e poi far finta di non sapere che nelle sue liste ci sono candidati “vannacciani”, o accettare che nella sua campagna entrino le tesi di chi ha trasformato odio e revisionismo in un programma politico. O parla chiaro, o il suo “decalogo del rispetto” vale meno di niente. Carta da buttare. Facciata. Propaganda. Il problema è che Stefani non può ribellarsi a Salvini. Perché è Salvini che lo ha fatto suo vice nazionale e che ora lo ha imposto come candidato del centrodestra. E allora si capisce tutto: meglio tacere, meglio far finta di niente, meglio tenersi buoni anche gli estremisti, perché in fondo i voti non fanno schifo. Ma questa ipocrisia è insopportabile. È troppo comodo».

La conclusione è un appello alla chiarezza: «Il Veneto – conclude Manildo – non deve essere la regione dell’ambiguità, dei sorrisi in pubblico e degli ammiccamenti sottobanco. Il Veneto è terra di libertà, coraggio, dignità civile, di sguardo rivolto al futuro ma a partire da una chiara storia di antifascismo vero. Chi vuole guidarlo deve avere schiena dritta, non doppiezza. E oggi, più che mai, serve scegliere da che parte stare».

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