Cerca

Test Miles 33

Scopri tutti gli eventi

EVENTI

Attualità

Il Natale di Katia: il dono che dal carcere della Giudecca commuove Venezia

Nel progetto “Dipingiamo la Libertà”, il gesto inaspettato di una ex detenuta diventa simbolo di rinascita e solidarietà

Il Natale di Katia: il dono che dal carcere della Giudecca commuove Venezia

Foto del quadro

Una storia che profuma di riscatto, di coraggio e di umanità. È quella che arriva dal carcere femminile della Giudecca e da una comunità protetta della Diocesi di Venezia, dove l’arte è diventata terreno di incontro tra vite che cercano un nuovo inizio. Per celebrare i 300 anni dalla nascita di Casanova, l’Associazione Venezia Pesce di Pace, guidata da Nadia De Lazzari, ha dato vita al progetto “Dipingiamo la Libertà a Venezia”, un percorso creativo che coinvolge 36 donne detenute e che trasforma tele e colori in strumenti di cura.

La Scuola Grande di San Teodoro ha donato pennelli, colori e tele. Il carcere, per settimane, si è trasformato in un atelier. Tra le partecipanti, Miriam e Katia: due percorsi diversi, un comune desiderio di rinascita.
Miriam ha dipinto due opere: una Venezia un po’ sbilenca ma vibrante di poesia, e un prato verde attraversato da farfalle, simbolo di un volo possibile anche quando tutto sembra fermo. Katia, invece, ospite di una comunità protetta e vicina alla fine della sua pena, ha scelto il leone di San Marco, emblema di forza e protezione.

Quando le opere vengono esposte, il quadro di Katia viene acquistato per 100 euro: un piccolo grande traguardo artistico e personale. Ma la storia non finisce lì.
Pochi giorni dopo, ormai libera e lontana dall’Italia, Katia invia un messaggio destinato a lasciare un segno profondo.

«Come dono di Natale regalo il mio ricavato a Miriam. È il modo migliore per usare quei soldi. Ho pensato molto alle donne meravigliose che stanno ancora scontando la loro pena, in particolare a lei. Ora nella mia vita tutto va meglio. Ringrazio Venezia e chi mi ha accompagnata in questo cammino. Cara Nadia, tu sai trasformare il dolore in qualcosa di luminoso».

Parole che commuovono e raccontano meglio di qualsiasi discorso lo spirito del progetto: l’arte come ponte, come luogo di ascolto e restituzione, come possibilità di guardare gli altri — e sé stessi — con occhi nuovi.

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Edizione